Una vista dall'alto di un'unità di stoccaggio galleggiante per il Gas naturale liquefatto

Una vista dall'alto di un'unità di stoccaggio galleggiante per il Gas naturale liquefatto

L’autunno è arrivato: strategie per la crisi del gas in Ue

Ecco cosa è cambiato nelle politiche e strategie dell’Unione europea e dei singoli maggiori paesi, per attuare l’abbandono del gas russo a favore di altre fonti e fornitori, sette mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina

Il 24 febbraio inizia l'aggressione dell'Ucraina: una delle mappe più consultate per capire come sarebbe cambiata l'Europa era quella delle forniture energetiche dalla Russia, infografica di una dipendenza insostenibile. Dopo quello shock, anticipato da un lungo periodo di prezzi in crescita, le politiche energetiche dei paesi dell'Unione Europea sono completamente cambiate. Sullo sfondo c'è la transizione ecologica, orientata dal Green Deal e dalla prospettiva dell'azzeramento delle emissioni. La metamorfosi aveva però bisogni più immediati, la sicurezza energetica nel breve termine: superare l'inverno senza lasciare gli europei al freddo.

Si possono individuare due fasi. La prima, nei mesi successivi all'invasione dell'Ucraina, è stata concentrata sull'offerta di energia. I paesi più esposti alla dipendenza da gas russo, Italia e Germania, si sono affrettati a cercare nuovi fornitori. Sono aumentate le importazioni dagli USA, Algeria, Qatar, Azerbaijan, Egitto e diversi altri paesi africani. Per questa strategia era necessario aumentare la capacità di assorbire gas liquefatto in arrivo via mare nuovi rigassificatori, cinque per la Germania, due per l'Italia. È una scelta rischiosa, perché questi investimenti in infrastrutture legate ai combustibili fossili richiedono decenni per essere assorbiti.

La seconda fase è stata più legata alla domanda, tema socialmente più sensibile perché investe i consumi e comporta una riconfigurazione degli stili di vita. A maggio l'UE ha svelato il piano RePower EU da 210 miliardi di euro, con l'obiettivo di raggiungere l'indipendenza dal gas russo nei prossimi tre anni. Un quarto degli investimenti va al risparmio e all'efficienza: è una rivoluzione culturale oltre che politica. L'obiettivo della Commissione è ridurre i consumi del 15 per cento fino a marzo: «gas sicuro per un inverno sicuro» era il titolo della comunicazione. Senza intaccare il denominatore, cioè la quantità di energia consumata, i paesi non sono in grado di affrancarsi dalla dipendenza russa.

La corsa alla riduzione dei consumi ha iniziato a toccare le abitudini dei cittadini dell'Unione su una scala non sperimentata da generazioni. Il piano del governo italiano è stato diffuso a settembre: con una serie di proposte, da non usare lavatrici se non a pieno carico, a non lasciare elettrodomestici in stand-by, e la richiesta di abbassare le temperature di un grado nelle case e negli uffici e di accorciare di due settimane la stagione dei caloriferi. Misure che permetteranno all'Italia di tagliare di 5,3 miliardi di metri cubi il consumo di gas, con 2,7 miliardi di metri cubi aggiuntivi se i cittadini rispetteranno le prescrizioni legate allo stile di vita.

Ci sarà una maggiore integrazione tra i paesi, per rispondere in modo coordinato alle emergenze, visto che Putin ha mostrato la sua capacità di giocare con i flussi per rispondere a sanzioni e sviluppi della guerra. Il prezzo del gas si fa al Title Transfer Facility (TTF) di Amsterdam, la sede di un mercato volatile e incostante. Il costo della risorsa è influenzato da una serie di fattori che vanno dalle difficoltà di estrazione alle distanze, passando per i cicli stagionali e dinamiche geopolitiche. La Russia ha usato la fornitura per alterare le dinamiche di domanda e offerta già nei mesi che hanno preceduto la guerra. Uno dei mezzi sono le chiusure del gasdotto Nord Stream 1, che collega la Russia alla Germania attraverso il Baltico, spesso ferma per manutenzioni giudicate da molti osservatori sospette (mentre l'operatività del gasdotto Nord Stream 2 è stata fermata dallo scoppio della guerra).

Il meccanismo di solidarietà previsto dal regolamento europeo prevede uno scambio di flussi di gas verso i paesi in difficoltà. La Francia è pronta a inviare gas al vicino tedesco, se si dovesse trovare in carenza, e allo stesso modo la Germania è disposta ad aumentare il flusso di elettricità verso la Francia, che ha vissuto un'estate difficile per le sue centrali nucleari, a causa della siccità e di continui problemi tecnici. Le difficoltà della Francia pongono seri dubbi anche sulla fattibilità del nucleare come strumento per uscire dalla crisi, tema presente nella campagna elettorale italiana.

Il nucleare ha anche tempi lunghi, mentre la strategia europea ha l'obiettivo di liberare l'Unione dal gas russo nel breve termine. Uno degli strumenti proposti per uscirne è un tetto dal prezzo del gas. Sul price cap ci sono dubbi sull'efficacia concreta. Germania e Austria sono contrarie, secondo il ministro dell'Economia Robert Habeck l'Unione in questo momento non ha la forza di imporre un price cap e rischia di trovarsi senza 20 miliardi di metri cubi di gas da qui alla fine dell'inverno. La decisione è stata spostata avanti di un mese.

L'alternativa di lungo termine è la transizione verso le rinnovabili, che garantiscono sia indipendenza che sostenibilità. Lo sforzo verso solare ed eolico è uno dei pilastri del piano RePower Eu, anche se questo progresso dipende dalle strategie dei singoli paesi. Il piano più ambizioso tra i grandi paesi è quello della Germania, che ha l'obiettivo di portare la quota di rinnovabili all'80% del mix elettrico entro il 2030, il più vasto progetto di trasformazione energetica mai fatto da Berlino, che ha anche siglato un patto congiunto di sviluppo dell'eolico off-shore insieme alla Danimarca, un modello di cooperazione che vedremo spesso nei prossimi anni. Per l'Italia il piano del ministero della Transizione ecologica è snellire la burocrazia per sbloccare gli investimenti in oltre 420 impianti rinnovabili bloccati nelle maglie delle autorizzazioni e arrivare a un ritmo da 8 GW all'anno. Negli ultimi tre anni il progresso delle rinnovabili è stato fermo, in Italia si aggiungeva in un anno quanto la Germania aggiungeva in un mese. Gli obiettivi di installazione sono realistici, a patto di eliminare gli ostacoli burocratici e procedurali che ne hanno frenato lo sviluppo. Una prospettiva ambiziosa ma necessaria.


Ferdinando Cotugno - È un giornalista. Nato a Napoli, vive a Milano e si occupa di sostenibilità, ambiente, crisi climatica. Scrive per Vanity Fair, GQ, Linkiesta, Rivista Studio, Undici e il quotidiano Domani, per il quale cura anche la newsletter Areale. Nel 2020 ha pubblicato per Mondadori Italian Wood, un viaggio alla scoperta dei boschi italiani, e conduce con Luigi Torreggiani il podcast Ecotoni.

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