Chi ha bisogno di buone notizie sulla crisi climatica ha un posto dove cercarle: la terza parte del sesto rapporto Ipcc, quella dedicata alla mitigazione. L'Intergovernmental Panel on Climate Change (ovvero, Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico - Ipcc) è l'organismo creato dalle Nazioni Unite nel 1988 per aggregare, sintetizzare e comunicare a cittadini e leader politici i risultati della ricerca scientifica sui cambiamenti climatici. Tra il 2021 e il 2022 sono stati pubblicati i risultati del sesto ciclo di studio. La prima parte è uscita ad agosto ed era sui limiti fisici della Terra: era molto cupa. La seconda è arrivata a febbraio ed era sulla vulnerabilità di nazioni e comunità: «un atlante della sofferenza umana» l'ha definita il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. La terza, diffusa il 4 aprile, invece è quella dedicata alla mitigazione, quindi al potenziale di riduzione delle nostre emissioni di gas serra nell'atmosfera. «Ora o mai più» è la sintesi di questa parte del rapporto: possiamo dimezzare il nostro impatto sull'atmosfera entro la fine del decennio, le tecnologie ci sono e sono ormai a buon mercato, in grado di competere quasi ovunque nel mondo con i combustibili fossili. Le città, con i loro trasporti e le loro infrastrutture, avranno un ruolo centrale in questa transizione.
Ripensare, scegliere
Lo ha spiegato in un post Karen Seto, docente di Yale e curatrice della sezione sulla mitigazione urbana: «Le città avranno 2,5 miliardi di abitanti in più entro il 2050. E molte di esse non sono ancora state costruite. Il ritmo dello sviluppo è molto alto, ma c'è tanto che si può fare». Oggi il 55 per cento dell'umanità vive in una città, entro metà secolo la percentuale sarà del 68 per cento. Gli spazi urbani sono sia causa che soluzione per i cambiamenti climatici. Secondo il rapporto Ipcc, la quota delle emissioni urbane è cresciuta tra il 5 e il 10 per cento solo tra il 2015 e il 2020. Per fermare questo aumento le parole chiave proposte dall'Onu sono: concentrazione spaziale di persone e attività, infrastrutture verdi e centrate sui bisogni dei cittadini, riduzione dei consumi attraverso modelli urbani compatti, densi e «camminabili», elettrificazione dei trasporti. Come ha spiegato Jim Skea, capo del gruppo di lavoro Ipcc sulla mitigazione «Vediamo esempi di edifici a zero emissioni in ogni tipo di clima. Sarà necessario sfruttare tutto questo potenziale di mitigazione nel nostro modo di costruire».
La scienza è chiara: servono misure rapide e aggressive, non è più il tempo dei cambiamenti incrementali, che procedono per piccoli passi. Le città esistenti vanno ripensate, a partire da edifici e mobilità, e quelle nuove vanno immaginate con criteri completamente diversi: devono essere più piccole, devono consumare poco, devono essere in grado di abilitare gli stili di vita individuali sostenibili. L'Ipcc insiste molto su questo aspetto, quello delle scelte socio-comportamentali, quindi il nostro modo personale di viaggiare, vivere e consumare. Queste scelte contano e possono ridurre le emissioni fino al 70 per cento entro metà secolo, ma i modi di vivere climaticamente adatti a un mondo che cambia hanno bisogno di contesti che li rendano possibili e il contesto abilitante per eccellenza è la città.
Spazi, policy urbane, elettrificazione
La metropoli modello dell'Ipcc è su scala ridotta rispetto a quelle sconfinate che stanno crescendo nei paesi in via di sviluppo, è attraversata da infrastrutture verdi (vegetali) e blu (marine o fluviali) in grado contribuire all'abbassamento della temperatura locale e all'assorbimento delle emissioni. Gli effetti delle soluzioni basate sulla natura, come le foreste urbane, sarebbero così doppi: da un lato assorbono CO₂, dall'altro rinfrescano case e strade, riducendo il bisogno di usare condizionatori e quindi i consumi energetici. Le città del 2050 devono essere permeate di natura, sul modello di capitali giungla come Singapore, dove oltre il 50 per cento della superficie è coperta da alberi.
La programmazione delle nuove infrastrutture sarà decisiva in tutti i settori, secondo il rapporto Ipcc. Il metodo è quello della pianificazione spaziale integrata, per ridurre le cosiddette Vmt, vehicle miles traveled, un indicatore fondamentale nella visione dell'Ipcc: i tempi di percorrenza che i cittadini devono affrontare per soddisfare i propri bisogni, a partire dal lavoro. In quest'ottica la virata di molte città europee (tra cui Parigi e Milano) verso la scala dei «quindici minuti» è tra le soluzioni più compatibili con gli obiettivi climatici. Una crescita urbana fondata sulla riduzione dei transiti infatti può ridurre le emissioni urbane fino al 26 per cento. Gli spostamenti devono essere completamente elettrificati: con le tecnologie già esistenti si possono trasformare contemporaneamente gli edifici in cui le persone vivono e i mezzi di trasporto che utilizzano, facendo calare le emissioni di 6,9 gigaton di CO₂ equivalente al 2030 e di 15,3 gigaton di CO₂ equivalente al 2050. Per questo motivo servono una pianificazione integrata e una conversione molto veloce. Quello che costruiamo oggi durerà per decenni: avviare una transizione immediata ci risparmia i problemi del lock-in tecnologico, cioè essere costretti a vivere con infrastrutture obsolete e nocive per ammortizzarne i costi.
Le policy urbane devono assecondare la voglia di cambiamento dei cittadini, attraverso la riduzione delle distanze e incentivarla, con tariffe come il congestion pricing o zone a traffico limitato. Mai come in questo rapporto IPCC, il trasporto pubblico è stato presentato come una soluzione praticabile, scalabile e conveniente per muovere le persone in modo sostenibile. La domanda di mobilità è in continua crescita, la parola d'ordine è efficienza energetica: va superato il modello urbano auto-centrico, anche perché l'Ipcc sottolinea come in molte metropoli del mondo i trasporti pubblici siano una sorta di avanguardia dell'elettrificazione: lì dove arrivano gli autobus a batteria, arrivano poi più velocemente le auto elettriche. La mitigazione è così anche promozione di stili di vita e consumi sostenibili.
La funzione decisiva dei dati
Infine, l'anello di congiunzione per progettare un nuovo tipo di città è un monitoraggio puntuale delle emissioni di gas serra, uno strumento di cui la maggior parte delle metropoli contemporanee deve ancora dotarsi. L'impatto delle scelte deve essere misurabile con esattezza, quindi è da considerare come la base per uno sviluppo sostenibile. Quello dei nuovi inventari urbani delle emissioni è uno degli ambiti in cui la tecnologia non è un immaginario proiettile magico da invocare, ma uno strumento concreto e pratico per indirizzare le politiche locali, anche per evitare che una riduzione delle emissioni in un settore ne comporti l'aumento in un altro. Le metropoli del futuro vanno pensate come organismi viventi complessi, hanno bisogno di programmazione integrata basata sui dati per fare la propria, decisiva, parte nella riduzione delle emissioni.