«Ho scritto questo libro perché negli ultimi anni la discussione sul cambiamento climatico e l’ambiente ci è sfuggita completamente di mano…»: con queste parole, Michael Shellenberger, autore americano, motiva le ragioni che lo hanno spinto a scrivere il suo ultimo volume sul tema, L’apocalisse può attendere: Errori e falsi allarmi dell’ecologismo radicale. Il libro, uscito negli Stati Uniti per la casa editrice Harper Collins (Apocalypse Never: Why Environmental Alarmism Hurts Us All), è edito in Italia da Marsilio. La prospettiva abbracciata dal volume è quella “ecomodernista”, che sostiene quindi la cosiddetta tesi del disaccoppiamento eco-economico (eco-economic decoupling): separando la crescita economica dagli impatti ambientali, il progresso tecnologico sarebbe in grado di proteggere e difendere la natura, garantendo al tempo stesso una qualità di vita elevata per i singoli esseri umani.
Nelle quasi trecento pagine che compongono il volume, Shellenberger affronta le questioni ambientali più dibattute e commentate degli ultimi anni, proponendo una lettura alternativa, meno disfattista ed emergenziale. I capitoli sono tutti dedicati a temi di carattere ambientale all’ordine del giorno: dal rischio estinzione delle specie viventi all’utilizzo della plastica, dal consumo di carne alla frequenza sempre maggiore di incendi devastanti, dall’aumento della temperatura globale fino all’impiego pressoché univoco dei combustibili fossili. L’autore riserva a ognuno di questi argomenti una narrazione volta a demistificare i tratti più tragici e angoscianti, ridimensionando la portata senza però cadere nel negazionismo.
L’obiettivo di Shellenberger è di voler difendere la scienza ufficiale da quest’ultima tendenza, prendendo in considerazione alcuni problemi ambientali solitamente dipinti come “apocalittici” e valutandoli come “seri ma gestibili”. Lo scrittore si dice per l’appunto stanco di «esagerazioni, allarmismi ed estremismi, che sono nemici di un ambientalismo positivo, umanistico e razionale» di cui si fa portavoce. Dati scientifici, ricerche accademiche indipendenti, report di organismi ufficiali come l’IPCC – Intergovernamental panel on climate change, il gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite di esperti sul cambiamento climatico – vengono citati a sostegno di questa visione ecomodernista, definita dall’autore stesso una sorta di «etica prevalente, in una contrapposizione morale tra umanesimo, sia laico sia religioso, e antiumanesimo proprio dell’ambientalismo catastrofista».
Shellenberger sottolinea come, nella sua trentennale esperienza di attivista, si sia mosso a favore di un duplice scopo: proteggere l’ambiente, puntando al tempo stesso al raggiungimento del benessere globale dell’intera popolazione. Secondo l’autore, è possibile infatti salvaguardare gli ecosistemi naturali e la biodiversità del pianeta senza porre un freno alla crescita economica dei singoli stati. La soluzione risiederebbe nell’innovazione tecnologica, in grado di consentire un impiego attento, intelligente e diffuso delle risorse, soprattutto energetiche, a disposizione, prima tra tutte quella nucleare. Il progresso ambientale, quello energetico ed economico non devono essere interpretati come momenti di sviluppo separati, ma compongono un processo unico con l’apporto umano al centro, in grado non soltanto di distruggere la natura ma anche di “salvarla e difenderla”, in nome di quell’ambientalismo umanistico abbracciato da Shellenberger.
Al momento della pubblicazione, il volume ha scatenato reazioni contrastanti e non è di certo passato inosservato tra critici e studiosi, per le sue posizioni divergenti dall’ambientalismo tradizionale. In generale, all’autore è stato comunque riconosciuto il merito di aver portato al centro del dibattito pubblico non solo le questioni ambientali più rilevanti, ma anche le modalità stesse del dibattito. «Il sistema globale è in via di trasformazione - conclude Shellenberger -. Ciò comporta nuovi rischi, ma anche nuove opportunità. Le sfide che ci attendono non richiedono il panico. Con attenzione, tenacia e, oserei dire, amore, credo che potremmo attenuare gli estremismi e approfondire la comprensione e il rispetto reciproco».