Una scena di "Lalaland" film di Damien Chazelle (2016)

Una scena di "Lalaland" film di Damien Chazelle (2016)

«Non c’è più il traffico di una volta». Una nuova mentalità alla guida

La guida autonoma, la micromobilità, lo sharing, i limiti al traffico veicolare: serve un nuovo approccio da parte dell'automobilista nei confronti della mobilità. Ridimensionato il ruolo del motore privato e dell’auto come bene, emergono nuovi paradigmi nella psicologia del traffico

“Change your mind”. Car sharing e car pooling, monopattini e guida autonoma stanno cambiando il modo di concepire la mobilità, influendo in particolar modo sulla percezione e sulle abitudini di ognuno di noi.

Un’evoluzione continua che riguarda il rapporto tra mezzo e viaggiatore e il cui esito sarà determinante per anticipare, comprendere e orientare la mobilità del futuro. «Uno scenario che parte da un forte cambio di paradigma: per alcune categorie di guidatori, l’auto non è più un bene, uno status symbol, ma un servizio – spiega Federica Biassoni, direttore dell’unità di ricerca in Psicologia del Traffico all’Università Cattolica di Milano –. E alcune forme di mobilità divengono il modo di condividere un’esperienza e del tempo, oltre allo spostamento».

Basti pensare a quanto c’ è in gioco quando parliamo di car sharing e di car pooling. Nel primo caso, l’auto è diventata semplicemente un mezzo fisico che ci porta dal punto “A” al punto “B”, nessun legame, nessuna familiarità. «Nel secondo - aggiunge Biassoni - entrano in gioco tre temi fondamentali che caratterizzano la nuova mobilità: privacy, fiducia e responsabilità. Dobbiamo considerare che condividendo un mezzo non siamo più nella nostra bolla, non siamo più a casa nostra e rinunciamo a un pezzo di privacy. Un aspetto una volta impensabile. Non solo, c’è tutto un doppio tema di fiducia (verso chi guida) e di responsabilità (per chi conduce)».

Tre caratteristiche della nuova mobilità che nascono dall’evoluzione dei trasporti sotto il profilo dei costi e della logistica. «Non sono solo aumentati molto i costi diretti legati al mantenimento del mezzo (benzina, assicurazione, costo dell’auto), ma anche la loro gestione / logistica. Una trasformazione che sta inevitabilmente spingendo, almeno nei grandi centri urbani, allo sviluppo di mezzi condivisi e di un piano urbano che favorisca il mezzo pubblico e il suo utilizzo».

Insomma, la nuova mobilità nasce anche dalla necessità di cambiare un sistema dai costi troppo elevati, andando a imprimere una rivoluzione profonda nel modo che abbiamo di concepire il mezzo e lo spostamento.

«La mobilità attiva rappresenta poi un ritorno, dopo tanta dominazione da parte del mezzo a motore, delle nostre primordiali risorse psico-fisiche che tornano così al centro», spiega Matteo Colleoni, docente di Politiche urbane all’Università Bicocca di Milano.

C’è poi una tematica ambientale molto forte che sta veicolando con maggiore facilità la rinuncia alla privacy e alla proprietà del mezzo in nome di un fine considerato, soprattutto dalle nuove generazioni, come più grande.

La nuova mobilità si sposa infatti con nuovi bisogni (sostenibilità, velocità del mezzo, agilità, condivisione), ma l’esperienza per esempio dei monopattini ci insegna che «c’è ancora molto da fare ed è rischioso inserire in un sistema un nuovo attore senza regole, o con regole proprie. Il contesto normativo a volte è un fattore chiave per dare credibilità, e non generare spaesamento», spiega Biassoni.

La strada per fare il salto di qualità verso una nuova mobilità è però ancora lunga secondo Colleoni, che sottolinea come «il vero cambiamento, non certo domani, ma come nei programmi europei tra il 2030 e il 2050, potrà avvenire solo lavorando sulle infrastrutture, dedicando maggiore spazio urbano alla mobilità leggera laddove ancora oggi il motore privato comprime gli spazi, inquina, è un pericolo e non ci permette di ripensare davvero gli spazi condivisi».

In questo senso Colleoni vede nelle misure di contenimento della velocità proposte, per esempio a Milano (“zone 30 km/h”), un’opportunità per spingere e favorire «una nuova modalità attiva che stenta a decollare e che riporterà al centro le nostre risorse psico fisiche, la sicurezza, l’ambiente. Berlino e Stoccolma stanno addirittura testando zone a zero auto in favore dello sviluppo di nuovi luoghi per la socialità - aggiunge -. Dovrebbe essere questo il nostro orizzonte».

Oggi, secondo i dati di Aci e Istat, sette incidenti su dieci avvengono in città, molti dei quali per eccesso di velocità, con il 43,9 per cento dei morti totali e il 69,7% dei feriti. Dobbiamo inoltre sottolineare che l’abbassamento del limite da 50 a 30 km/h avrà impatti anche sulla qualità dell’aria e il benessere della città. «Il limite di 30 km/h permette inoltre scelte molto più radicali sulla gestione dello spazio pubblico e sull’idea stessa di strada, visto che se tutti andiamo piano le strade e gli spazi potranno essere sempre più spesso condivisi in sicurezza», aggiunge Colleoni.

Il vissuto e l’esperienza del guidatore sono dunque in continua evoluzione e in vista degli sviluppi legati alla guida autonoma implicheranno un ulteriore cambiamento nel rapporto tra il mezzo e il guidatore. «Temi di delega del controllo e di fiducia sono al centro di questo possibile cambiamento inoltre sul fronte giuridico e legislativo assisteremo a una nuova definizione delle responsabilità - spiega Biassoni –. Sarà interessante capire come e se questo genere di mobilità sarà accettato e come sarà il bilancio tra benefici e costi sociali di tale cambiamento».

Al momento, la direzione tracciata con successo riguarda il trasporto pubblico e alcuni specifici settori: «La movimentazione dei container nei porti piuttosto che i mezzi di trasporto senza conducente (vedi ad esempio la metropolitana milanese “lilla”) ci dimostrano come la strada verso questa mobilità sia tracciata - conclude Colleoni -. Ma il futuro della guida autonoma è legato a doppio filo non solo ad aspetti normativi, la tecnologia è in divenire, ma le infrastrutture devono evolvere in contesti di mobilità meno complessi di quelli attuali, quindi a ridotta densità veicolare privata. Solo così potremmo creare un sistema controllabile e gestibile in cui la guida autonoma potrà essere realtà».


Sofia Fraschini - Giornalista economico-finanziaria, laureata in Sociologia a indirizzo Comunicazione e Mass media, ha iniziato la sua carriera nel gruppo Editori PerlaFinanza (gruppo Class Editori) dove ha lavorato per il quotidiano Finanza&Mercati e per il settimanale Borsa&Finanza specializzandosi in finanza pubblica e mercati finanziari, in particolare nei settori Energia e Costruzioni. In seguito, ha collaborato con Lettera43, Panorama, Avvenire e LA7, come inviata televisiva per la trasmissione L’Aria che Tira. Dal 2013 lavora come collaboratrice per la redazione economica de Il Giornale e dal 2020, per il mensile del sito Focus Risparmio di Assogestioni.

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