«Proprio mentre il mondo stava iniziando a riprendersi dallo sconvolgimento del Covid-19, le metropoli globali hanno incontrato una nuova ondata di sfide, dall’alta inflazione al rallentamento della crescita, fino alla crisi energetica e alla crescente minaccia del cambiamento climatico». Un contesto talmente complicato costituisce la premessa per l’Urban Mobility Readiness Index 2022, dell’Oliver Wyman Forum e dell’Università della California, Berkeley, che classifica 60 città in base a quanto sono preparate per il prossimo capitolo della mobilità.
Attraverso ricerche e collaborazioni con leader del settore pubblico e privato, l’Oliver Wyman Forum aiuta le organizzazioni a confrontarsi con le sfide sociali più pressanti e a favorire la crescita e le opportunità, in diversi settori (clima e sostenibilità, il futuro del denaro, il sentiment globale dei consumatori, mercati e mobilità), finanche al giorno d’oggi, “con la tecnologia che sta sconvolgendo i settori a una velocità mai vista e mentre l’economia affronta richieste in aumento di occuparsi di questioni sociali, cambiamento climatico e crisi geopolitiche”.
L’indice è il risultato di una ricerca realizzata da un team di esperti, accademici, imprenditori, consulenti di settore e specialisti della mobilità. Dopo aver mostrato i risultati delle città principali in tema di sostenibilità e innovazione nella mobilità, secondo il report, Infra The Mundys Journal ha contattato Guillaume Thibault, partner e co-responsabile per la mobilità, all’Oliver Wyman Forum. In collaborazione con Alexander Bayen, rettore associato, dell’Università della California di Berkeley, Thibault ha lanciato l’annuale Oliver Wyman Forum Urban Mobility Readiness Index nel 2019 e oggi continua a guidarne la realizzazione.
Mr. Thibault, quali sono i maggiori problemi per le agenzie di trasporto pubblico oggi, dopo la pandemia e mentre i costi dell’energia crescono?
“La pandemia ha cambiato profondamente i modelli di mobilità e la modalità di lavoro a distanza è destinata a permanere. Di conseguenza, le aziende di trasporto pubblico hanno registrato un calo della domanda da parte dei pendolari e una conseguente riduzione delle entrate. Far tornare i pendolari è la priorità principale e per non perdere altri viaggiatori bisogna mantenere o migliorare il livello del servizio. Tuttavia, con l’aumento dei costi operativi e la carenza di manodopera, oltre alle difficoltà finanziarie, molti servizi sono stati ridotti e i tempi di attesa sono aumentati. Questo aspetto è ancora più rilevante nell’attuale contesto di rincaro dei prezzi dell’energia, che ha messo a dura prova i bilanci delle aziende di trasporto, incidendo ulteriormente sulla manutenzione dei servizi e sugli investimenti nelle infrastrutture. I passeggeri dal canto loro non sono disposti o non possono permettersi di pagare di più per i loro spostamenti.
Ad ogni modo, qualche miglioramento c’è stato. I dati raccolti con il nostro Sondaggio globale sulla soddisfazione dei consumatori (condotto in 10 paesi) hanno dimostrato una costante ripresa nell’utilizzo dei mezzi pubblici negli ultimi 18 mesi. Sebbene la domanda rimanga al di sotto dei livelli pre-pandemia, la tendenza per le aziende di trasporto è orientata al rialzo, malgrado le sfide complesse che si trovano ad affrontare”.
Quali sono le principali leve da sfruttare, per riportare i pendolari sui mezzi pubblici?
“Il nostro ultimo sondaggio globale sulla soddisfazione dei consumatori mostra che, nella scelta della modalità di trasporto, la preoccupazione principale dei viaggiatori è l’accessibilità economica. Le tariffe dei mezzi pubblici svolgono un ruolo fondamentale nell’incoraggiare i pendolari a utilizzare nuovamente questo tipo di trasporto. Le aziende possono valutare l’idea di ridurre o congelare i prezzi dei biglietti o di fornire sussidi o incentivi finanziari, anche in risposta all’attuale carovita. Lo scorso anno, iniziative simili in Spagna e Germania hanno avuto successo e il numero di passeggeri è aumentato.
I pendolari sono diventati più esigenti anche per quanto riguarda la disponibilità e l’accessibilità dei servizi di trasporto pubblico. Per incentivare il ricorso al trasporto pubblico, bisogna investire nell’offerta di mobilità. Un buon esempio è rappresentato da Hong Kong che gode di un’elevata densità di stazioni, affidabilità del servizio e tariffe convenienti.
Un altro fattore importante è la sicurezza personale, che nell’ultimo anno è salita in cima alla lista delle priorità e continua ad essere una considerazione fondamentale per le agenzie di trasporto pubblico, che devono necessariamente affrontare il problema se vogliono aumentare il numero di passeggeri. In questo contesto, città come New York hanno annunciato dei piani per contrastare la diffusione della criminalità”.
Il car sharing è davvero funzionale a ridurre il trasporto privato o è solo un’alternativa comoda e sussidiaria al trasporto pubblico? Sta recuperando dopo lo shock della pandemia?
“Il car sharing svolge un ruolo importante nella riduzione del trasporto privato: secondo gli studi, infatti, un’auto condivisa può sostituire fino a 20 veicoli privati. L’impatto potenziale è reale. Tuttavia, per ridurre il numero di auto di proprietà bisognerà diffondere il car sharing su ampia scala. Ad oggi non ci sono abbastanza veicoli e utenti perché questo tipo di servizio diventi una valida alternativa al possesso di un’auto e oltre il 75% dei soggetti interpellati nel nostro Sondaggio globale sulla soddisfazione dei consumatori non ne ha mai fatto ricorso nell’ultimo anno. Secondo la nostra analisi Value Pool, il mercato del car sharing sembra destinato a crescere fino a raggiungere i 24 miliardi di dollari circa entro il 2030 (rispetto ai 7 miliardi di dollari del 2020). Sebbene la pandemia abbia avuto un impatto sul settore, il mercato continuerà la sua espansione. Inoltre, l’efficacia del car sharing nel ridurre il trasporto privato può dipendere anche da fattori culturali e sociali, oltre che da politiche e incentivi governativi per diffonderne l’utilizzo”.
La transizione ai veicoli elettrici farà diminuire il numero delle automobili private?
“L’impatto dei veicoli elettrici e del passaggio alla mobilità sostenibile sul numero di auto private dipenderà da diversi fattori. Ad esempio, le politiche governative volte a ridurre le emissioni di anidride carbonica – come le zone a basse emissioni, il divieto di vendita di veicoli con motore a combustione interna (ICE), ecc. – possono limitare il numero di auto private per vincoli di accessibilità economica dei nuovi modelli, non solo con riferimento ai motori elettrici, ma anche alla connettività e alle funzioni automatizzate. Il prezzo dei veicoli elettrici rispetto a quelli ICE, infatti, è uno dei principali ostacoli per i potenziali acquirenti, come evidenziato dal nostro Sondaggio globale sulla soddisfazione dei consumatori. Nel breve termine quindi si può prevedere una diminuzione dell’utilizzo di auto private, visto che un’ampia fetta della popolazione non può permettersele.
Le cose però potrebbero cambiare rapidamente. Nel 2026 motori elettrici e a combustione dovrebbero raggiungere la parità di prezzo. Inoltre, il mercato dell’usato sta iniziando a decollare anche per i veicoli elettrici, che risultano ora accessibili per le fasce della popolazione a reddito medio e basso. Questo aspetto sarà determinante per gli sviluppi dei prossimi anni.
D’altra parte, l’impatto ambientale e il minor costo del carburante associati ai veicoli elettrici possono accrescerne la popolarità. Inoltre, con il progredire della tecnologia – ovvero con una maggiore autonomia e tempi di ricarica più rapidi – e con il miglioramento delle infrastrutture di ricarica, i veicoli elettrici stanno diventando un’opzione sempre più praticabile e allettante per i consumatori.
L’altro parametro che potrebbe giocare un ruolo sostanziale nel possesso o meno di un’auto è rappresentato dalle restrizioni al traffico in città. Diversi centri urbani hanno creato isole pedonali, implementato limitazioni di parcheggio e messo in campo altri incentivi per orientare i viaggiatori verso mezzi di trasporto alternativi. Resta da vedere se tutte le città seguiranno questo esempio”.
Il Road Usage Charge (RUC) è un modello fattibile per qualsiasi città e un’appropriata leva per finanziare il trasporto pubblico?
“In alcuni paesi e Stati, come l’Oregon negli USA o la Nuova Zelanda, è stato attuato con successo il cosiddetto RUC, vale a dire una sorta di pedaggio o tassa sull’utilizzo delle strade, per superare i problemi di finanziamento legati all’ingresso sul mercato di un maggior numero di veicoli elettrici e a basso consumo di carburante. Tuttavia, questa opzione potrebbe non essere praticabile in tutte le città e le regioni. La sua attuazione infatti richiede notevoli investimenti infrastrutturali e tecnologici per tracciare e riscuotere i pagamenti in base alla distanza percorsa, e gli automobilisti potrebbero opporre resistenza dal punto di vista economico e della privacy. D’altro canto, questa reticenza potrebbe incentivare i residenti a utilizzare meno l’auto e a prediligere altre modalità di trasporto, aumentando il ricorso ai mezzi pubblici. Sebbene il RUC possa rappresentare un modello promettente per finanziare i servizi di trasporto, le aziende di trasporto pubblico dovrebbero identificare altre fonti di finanziamento per garantire la sostenibilità finanziaria e soddisfare le esigenze di spostamento dei pendolari”.
Il futuro della mobilità urbana è attivo (biciclette, monopattini, pedonalità...) o automatizzato? Le auto a guida autonoma aumenteranno il traffico, vista la comoda esperienza di guida?
“Sarà sia attivo che automatizzato. Non esiste una formula perfetta. La mobilità urbana deve essere più efficiente per rispondere alle esigenze future, in particolare nel contesto di crescente urbanizzazione. Ciò significa che le città devono ottimizzare lo spazio stradale. Promuovere la mobilità attiva è un’ottima soluzione. Al contempo, i veicoli rimarranno una componente centrale della mobilità urbana, ma richiederanno un approccio diverso. I veicoli automatizzati sono una buona soluzione per accrescere l’efficienza delle flotte, riducendo al contempo il numero di auto di proprietà. Inoltre potrebbero rendere la mobilità più accessibile e conveniente. La mobilità con veicoli automatizzati sarà un parametro importante per gestire il traffico stradale. Bisogna però capire anche fino a che punto i veicoli saranno automatizzati. È probabile che nel 2030 la maggior parte dei nuovi veicoli sarà dotata di funzioni automatizzate, ma il numero di autovetture totalmente automatizzate (livello 5) non sarà così elevato. Perché la gente rinunci al proprio veicolo personale e per ridurre la congestione del traffico, servirà una flotta affidabile di veicoli condivisi automatizzati con una copertura sufficiente.