L'Italia rallenta e rischia di restare indietro nella decarbonizzazione dei mezzi di trasporto, secondo lo Smart Mobility Report 2023 del Politecnico di Milano, che avverte: senza un'accelerazione, gli obiettivi di transizione non verranno centrati. La grande meta è quella dei 6,6 milioni di auto elettriche circolanti nel 2030, obiettivo Pniec fissato dal governo, ma, se le politiche attuali non cambieranno, le proiezioni ne prevedono solo 3,8 milioni per quella data. Con 350mila EV car a oggi su strada e un calo del 15% delle immatricolazioni tra 2021 e 2022, bisogna fare ancora più in fretta, anche a livello normativo e di infrastrutture di ricarica.
Questo l'alert sollevato dagli esperti del team Energy & Strategy e Osservatorio Smart Mobility, autori dello studio. E il confronto con il resto del mondo non lascia alibi: Bev e Phev costituiscono il 14% della quota venduta nell'industria dell'automobile globale (2022), mentre l'Italia è scesa dal 9,3 all'8,8% nel 2022 (8,2%, giugno 2023). La media europea è superiore, 22,9% nel 2022 (20,5%, giugno 2023) e il paragone con Germania (31%), Regno Unito (23%) e Francia (22%) non regge. Di altra natura il tasso di crescita in Cina (+82%, per 5,9 milioni di auto vendute).
Le automobili
Lo scenario è ricco di chiaroscuri. La quantità di vetture passeggeri full electric sul mercato è aumentata del 31%, in cinque anni i tempi di ricarica sono scesi del 35% e l'autonomia media di percorrenza ha superato i 350 km. Tuttavia, sul settore persistono diversi problemi come l'aumento dei prezzi del 5-10% e l'incidenza del costo d'acquisto maggiore (69-75%) rispetto alle auto a combustibile fossile (35-58%), sul costo totale di proprietà dell'auto in 12 anni (ricerca Smart Mobility Report sul comportamento d'uso ipotetico di cinque personas).
«Lo sforzo delle case produttrici esiste, la dinamica a cui assistiamo nell'industria dell'auto è enormemente superiore rispetto al recente passato, ma per ora lo stadio di sviluppo è ancora contenuto e il costo delle componenti elevato – spiega il professor Vittorio Chiesa, del comitato scientifico di Energy & Strategy -. L'aumento delle materie prime potrebbe aver pesato su livelli di produzione di scala ancora troppo ridotta, visto che il mercato europeo è di 2,6 milioni di veicoli, distribuiti tra diversi produttori. Nel determinare le dinamiche d'acquisto, quindi, prevalgono ancora la sensibilità del consumatore alle tematiche ambientali, la sua disponibilità economica e l'effetto dell'incentivazione, che purtroppo in Italia è limitata ma altrove è cospicua».
La crescita delle EV car immatricolate nel 2022 (dal 4,3 al 9,3%) è dipesa anche dall'Ecobonus, utilizzato dall'80% degli acquirenti. La misura è considerata tuttavia poco efficace: «La combinazione fra il ridotto massimale di spesa, il limitato contributo previsto e il forte divario nei prezzi delle autovetture BEV e ICEV presenti a mercato ha determinato una diffusione di EVs più lenta di quella auspicata», si legge nel report.
L'incentivazione risulta poco coraggiosa anche dal punto di vista delle emissioni, in quanto copre l'acquisto di vetture inquinanti fino a 135 gCO₂/km mentre il livello medio di emissione dei nuovi veicoli previsto dal regolamento europeo in materia (2023/851) è già di 95 gCO₂/km fino al 2024, con riduzione progressiva in vista della totale decarbonizzazione al 2035.
Punti di ricarica
L'infrastruttura cresce in modo interessante: sono 510mila punti di ricarica pubblica in Europa nei primi sei mesi del 2023 e in Italia 42.700, con una quota normal charge (inferiore ai 22 kW) dell'85-86% e una crescita del fast del 63% e 57%. Con una potenza media delle stazioni di ricarica di 80 kW e una maggioranza di automobili abilitate alla ricarica di 75 kW in Dc, questa appare la soluzione più promettente per migliorare l'esperienza utente nei tempi di ricarica.
Il dato che più colpisce è lo sviluppo (+170% nel 2022) dei punti di ricarica residenziali in Italia, 370mila, in controtendenza con le immatricolazioni e «drogato dal Superbonus, che potrebbe produrre un ritorno a tassi più contenuti di crescita», afferma Chiesa. In questo scenario, appare coerente il fatto che il 90% dei proprietari di auto elettriche effettui oltre metà delle ricariche in modalità domestica e solo il 15% tramite infrastruttura pubblica. L'insufficiente capillarità sul territorio (36%), il prezzo di ricarica alto (33%) e i tempi di ricarica troppo lunghi (24%) sono i principali motivi di ostacolo nell'uso delle stazioni.
«La diffusione dell'infrastruttura pubblica soffre di una confusione normativa a causa del sovrapporsi di tre ordini di provvedimenti – spiega Chiesa -. Il regolamento europeo Afir, che stabilisce la presenza dei punti di ricarica sulla rete autostradale (corridoi TEN-T), la legge di bilancio italiana che ha prescritto ai concessionari di realizzare le installazioni e la delibera dell'Autorità di regolazione del trasporto che definisce gli schemi dei bandi d'appalto. I bandi Pnrr, inoltre, hanno avuto una forte risposta degli operatori sui centri urbani ma resta del tutto carente la parte relativa alle superstrade e alle strade di grande percorrenza. È questa la lacuna più significativa, che contribuisce alla 'range anxiety' dell'utente di un veicolo elettrico».
Il sistema energetico
L'effettiva transizione alle fonti rinnovabili avrà un impatto anche sull'efficace decarbonizzazione della mobilità. Il sistema energetico italiano nel suo complesso dovrà passare dal 20,1% dell'agosto 2023 al 40,5% nel 2030, in linea con l'obiettivo EU. Il settore elettrico vanta la maggior penetrazione delle rinnovabili e il nuovo Pniec ha innalzato l'obiettivo del consumo da queste fonti al 65%, per il 2030 (dal precedente 55%), per tenere conto del pacchetto “Fit for 55”.
«L'intero costrutto sta in piedi se l'elettricità verrà prodotta da fonti rinnovabili in modo da garantire l'effetto di sostenibilità dei mezzi di trasporto – avverte Chiesa -. Come sappiamo, ci possono essere delle difficoltà di vario genere, come stakeholders del settore energetico o della finanza che non ci credono oppure crisi internazionali che riportano in auge fonti fossili, come accaduto di recente con il carbone in Germania. È chiaro che il processo di transizione ha una traiettoria rilevante e sfidante da qui al 2030».