«Il primo provvedimento, se fossi di nuovo assessore a Milano? Mettere un prezzo su Area B, per renderlo un meccanismo che oggettivamente riduce gli accessi in città». Risponde Edoardo Croci, professore di Trasporti e cambiamento climatico e Rigenerazione urbana sostenibile all'Università Bocconi, ex incaricato per la giunta Moratti alla partita per la Mobilità e l’Ambiente, dal 2006 al 2009. Oggi, “la più europea delle città italiane” è 31esima su 60 città del mondo, secondo l'Urban Mobility Readiness Index (ulteriori dati nella fotogallery, ndr) e agli occhi di una parte dell'opinione pubblica ha perso attrattività nel post-Covid. Di trasporti, qualità del traffico e inquinamento abbiamo parlato con Croci (nella foto sotto, ndr), fautore di Ecopass, la prima pollution charge nella storia di Milano, che fu seguito da BikeMi, il primo bike sharing, sempre nel 2008.
Professore, come è cambiata Milano da allora?
«Il road pricing è stato un momento di svolta seguito da altri interventi di mobilità sostenibile che ha migliorato la qualità del traffico e dell'aria. L'inquinamento non è un problema risolto, chiaro, ma la coerenza delle amministrazioni e il favore dei cittadini hanno permesso che nessuno chiedesse di cambiare direzione. Oggi il tasso di motorizzazione è sceso del 10%, c'è una grande varietà di opzioni per la mobilità e tutti usano le app per calcolare il percorso e la modalità migliore».
Cosa insegna quell'esperienza, all'indomani di Area B?
«Che bisogna prendere anche le decisioni apparentemente impopolari, se giustificate da analisi e studi di impatto e non temere di adottare uno strumento basato sul prezzo. Oggi gli spostamenti interni a Milano sono per due terzi su trasporto pubblico o sostenibile, ma quelli hinterland-città vedono 900mila transiti di auto private al giorno, con una proporzione modale inversa. Bisogna decidere che Area B possa essere soggetta a road pricing, magari con un rapporto inferiore e regole diverse da Area C (la congestion charge erede di Ecopass, ndr). Rispetto a una policy puramente regolativa basata su criteri di standard dei veicoli, dagli effetti immediati ma dai costi sociali potenzialmente più alti, il pricing può essere più flessibile. Bisogna affrontare la sfida con lo sviluppo della metropolitana, delle ferrovie ed estendere i servizi di bus, navette e car sharing di primo miglio, per permettere ai residenti dell'hinterland di raggiungere le stazioni senza usare l’auto. E immaginare formule preferenziali per car sharing e car pooling».
Come rendere di nuovo appetibile il mezzo pubblico, nell'era post Covid?
«Purtroppo ci si abitua anche alle cattive abitudini e finita l'emergenza i pendolari non sono tornati a usare il trasporto pubblico locale (tpl), con un -20% rispetto al pre-Covid. Non basta che gli accessi auto in Area B siano scesi del 4,3% rispetto a un anno fa, nei primi tre mesi: il confronto va fatto con il periodo pre-pandemia. Se un fattore è l'aumento dei costi del biglietto, non si può non aumentare anche il costo del road pricing per riequilibrare e restituire competitività al tpl. La linea 4 della metropolitana avrà un effetto rilevante e ci sono le nuove modalità di trasporto. Gli investimenti necessitano tempi lunghi, bisogna portare avanti insieme tutti i fronti».
Ci sarà bisogno di parcheggi, ma per molti automobilisti è solo un balzello per fare cassa…
«I parcheggi di interscambio sono stati fatti correttamente vicino ai capolinea, man mano che si sviluppava la metropolitana. Il passo in più, che nessuna amministrazione ha mai avuto il coraggio di fare, è far pagare la sosta anche ai residenti, magari con una forma agevolata di abbonamento. Parcheggiare l'auto è un interesse privato e non è obbligatorio possederne una. È il momento di far capire a tutti che lo spazio urbano è risorsa limitata e chi lo usa per parcheggiare non ne ha il diritto, ma deve pagarlo. È un fatto di giustizia sociale che vale per residenti e non».
Misure come queste non rendono Milano meno attrattiva, meno accessibile anche dal punto di vista economico, creando un centro di “privilegiati”?
«Non è questo il punto, è vero il contrario. Tali misure non riducono l'accesso alla città né il commercio, c'è stato solo un trasferimento modale: meno auto, più metro. È un fatto di equità e di costi sociali: questi provvedimenti si fanno per migliorare una cattiva qualità dell'aria i cui effetti colpiscono soprattutto le fasce deboli della popolazione. Il centro storico d'altro canto moltiplica per 10 la sua popolazione nelle ore diurne ed è doveroso intervenire per migliorarlo, perché è di tutti. I grandi investimenti di rigenerazione urbana avvenuti in molti quartieri negli ultimi anni a Milano rendono difficile affermare che ci sia un unico centro e questo, insieme a una domanda di alloggi più alta dell'offerta, ha causato l'aumento del prezzo immobiliare. Milano ha costi elevati, ma offre un servizio tpl incomparabilmente migliore rispetto al resto d'Italia e con un costo inferiore rispetto ad altre metropoli europee. La qualità del tpl è un elemento di attrattività, perché consente di muoversi senza usare l'auto e tutti considerano questo fattore, insieme al costo delle case, alla qualità dei servizi pubblici e al verde. Infine, Milano è piccola e piatta, ci si muove benissimo a piedi o in bici, sebbene ahimé sia ancora difficile».
Come mai si continuano a creare piste ciclabili ma gli incidenti non si riescono a evitare?
«La rete è cresciuta ma non è ancora integrata, per effettuare gli spostamenti in corsie protette. Abbiamo spezzoni di piste ciclabili 'light', una striscia pitturata accanto al marciapiede, alla corsia auto e alle vetture in sosta. È il caso di corso Buenos Aires dove la sosta andrebbe tolta, e separare la pista ciclabile con un cordolo. Il numero di auto non va considerato una costante, se si investe in mobilità sostenibile il numero di auto decresce e quindi anche la domanda di sosta. Serve il coraggio di scelte impopolari ma premianti sul medio termine».
Le politiche di orientamento verso la mobilità sostenibile spesso sono interpretate da una parte dei cittadini come una privazione della libertà di movimento. Com'è possibile un cambio di mentalità dall'auto di proprietà alla mobilità come servizio?
«La libertà di scelta su come muoversi è fondamentale, ma a diversi comportamenti corrispondono diversi costi, un diverso favore pubblico o un disincentivo. È sempre più diffusa l’idea che non serve possedere un'automobile che resta per il 95% del tempo ferma, ma serve una mobilità alternativa, da valutare in base al costo e alla comodità. Le stesse case automobilistiche sono sempre più consapevoli che a livello urbano l'auto di proprietà si va riducendo e che i servizi di sharing avranno sempre più una loro funzione sul mercato».