La qualità della mobilità cittadina, l’intensità del traffico sulle strade, il livello del servizio di trasporto pubblico e il design urbano contribuiscono a definire in gran parte il rapporto che ciascun cittadino può intrattenere con lo spazio pubblico di un quartiere o una metropoli. L’espansione dell’industria automobilistica ha trainato l’economia globale per decenni e determinato una grande diffusione di benessere in molte città ma ha anche stravolto il rapporto di ciascuno con gli spazi condivisi, nell’arco di poche generazioni. In Europa le automobili private sono quasi quasi 250 milioni, l’Italia in particolare ha una media di 663 auto ogni mille abitanti, la seconda in Europa dopo il Lussemburgo (fonte Eurostat).
L’esperienza di libertà di viaggio che l’auto privata offre è imparagonabile a qualsiasi altro mezzo di trasporto in termini di distanze, orari e comodità personale. Ma tutto questo ha purtroppo un prezzo su diversi fronti, non ultimo in termini di occupazione dello spazio pubblico. Le nostre città sono, di fatto, pensate in modalità autocentrica: strade e parcheggi occupano quasi un quarto dello spazio cittadino. Oltre ad essere ingombranti non sono neppure utilizzate al massimo del proprio potenziale: si calcola infatti che un’auto passi ferma il 95% del tempo della sua vita.
Gli ultimi anni hanno visto crescere una maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica riguardo l’emergenza ambientale e in parallelo sono stati estesi i servizi di trasporto alternativi, come lo sharing di bici e motorini. Così diverse municipalità hanno iniziato a ripensare la propria viabilità, limitando lo spazio riservato alle macchine.
Una delle realtà più all’avanguardia è stata Copenaghen, inizialmente solo nel quartiere hippie di Christiania dove fin dagli anni ‘70 sono vietate le automobili, per poi estendersi anche in altre zone della città. Si calcola che dal 2016 nella capitale danese ci siano più biciclette che automobili. Un’altra città che ha anticipato i tempi è stata Barcellona, con il sistema dei Superblock, divisioni della città all’interno del quale le macchine non possono passare o lo fanno in maniera limitata. In Italia alcune città storiche sono all’avanguardia più per necessità e per un connubio naturale con l’ambiente, come Venezia con i suoi canali, calli e campi, il centro di Matera con i suoi Sassi o diversi comuni e frazioni montane raggiungibili solo a piedi.
Nel resto del mondo, i progetti innovativi per città moderne da progettare in questa direzione stanno aumentando sempre più. Sembra curioso che uno di questi avvenga proprio negli Stati Uniti, dove la cultura popolare è molto legata all’automobile e all’esperienza del viaggio su grandi distanze tra un luogo e l’altro. A Tempe, in Arizona, e a Charlotte, nel North Carolina, si sta sviluppando un nuovo modello di urbanistica, i Walkable Arcipelago, complessi di 1.000 residenze, tutte senza posto auto. Tra un edificio e l’altro spaziano larghe strade percorribili a piedi. Per gli spostamenti più lunghi sono a disposizioni mezzi alternativi, come biciclette e scooter elettrici. Il denaro risparmiato evitando la costruzione dei parcheggi permette di tenere il prezzo delle abitazioni più basso oppure viene investito in altro.
Un altro progetto interessante è in corso a Berlino. La capitale tedesca ha un sistema di trasporto pubblico molto efficiente e larghe strade fruibili facilmente dalle biciclette, tanto che il tasso di possesso di un’auto privata è più basso che altrove. Un esperimento sta avvenendo nel quartiere di Graefekiez: un parcheggio da 400 posti viene riconvertito in un luogo di aggregazione. Qui verranno create diverse aree verdi e i commercianti avranno più spazio a disposizione per la loro attività. Gli stessi cittadini sono chiamati ad avanzare proposte per l’utilizzo di questo spazio.
Sempre in Germania sta avvenendo un progetto ancora più radicale. La città di Amburgo infatti intende rendere il 40% della città car-free nei prossimi due decenni. Questo obiettivo è collegato al lungo progetto “The Green Network”, iniziato addirittura nel 1913, che consiste nel collegare fra loro tutte le aree verdi della città. Oltre ad assicurare un vantaggio climatico, le aree verdi serviranno per assorbire le abbondanti piogge che colpiscono la città che hanno ridotto il lungomare di quasi venti centimetri negli ultimi anni.
Fatto sta che la riduzione della macchine in città viene tendenzialmente associata a un aumento della qualità della vita. Per quale motivo? Oltre allo spazio recuperato che torna ad essere a disposizione delle persone ci sono diversi vantaggi. Le città sarebbero più vivibili grazie a una migliore qualità dell’aria e una riduzione dell’inquinamento acustico. Le strade sarebbero anche più sicure, grazie alla riduzione degli incidenti e infine la qualità della vita gioverebbe della riduzione del traffico, fonte di stress. Per esempio, secondo il TomTom Traffic Index, un pendolare di Londra su un percorso medio di 10 km, trascorre in automobile più di 13,5 giorni all’anno (325 ore, di cui 139 ore a causa del traffico), un tempo utile per leggere circa 65 libri; emette 1,1 tonnellata di CO₂ (di cui 282 kg fermo nel traffico), che richiede 113 alberi adulti per l’assorbimento e spende 805 sterline in carburante (di cui 200 sterline solo per stare in coda).
Il costo iniziale per cambiare stile di vita verrebbe ripagato non solo in termini di benessere, ma anche economici: ci sarebbe un grande risparmio in spesa sanitaria e si potrebbe rendere profittevole lo spazio recuperato oppure destinarlo ad attività sociali.