Il tema ambientale è sempre più rilevante nel settore dei trasporti che, nel suo complesso, emette circa un quarto dell’anidride carbonica a livello europeo e di queste emissioni circa un 13 per cento sono imputabili al trasporto aereo.
Il settore aereo, al netto della crisi dovuta al Covid 19, ha visto incrementare nel corso degli ultimi decenni il traffico, anche grazie alla liberalizzazione e alla conseguente “massificazione“ del trasporto aereo. Sicuramente questo è un fatto positivo perché ha permesso questa modalità di spostamento a molte persone, ma al tempo stesso ha visto un incremento delle emissioni totali da parte di questo settore.
Il 2022, anno in cui il numero di passeggeri è tornato a crescere in maniera importante e ha visto un effetto del Covid 19 limitato alla prima parte dell’anno, registrerà una caduta del traffico del 17% rispetto al 2019.
Negli ultimi anni ci sono stati effetti positivi per l’ambiente anche grazie al processo di liberalizzazione, che ha portato un efficientamento del traffico.
In primo luogo, le compagnie hanno visto load factor molto elevati, con il modello point to point che ha registrato nella maggior parte dei casi valori superiori al 90 per cento. Questo significa che il numero di passeggeri a bordo di un aeromobile è cresciuto.
Il secondo fattore positivo è il fatto che la competizione si è fatta molto anche sui costi e uno dei principali per le compagnie aeree è il carburante. In particolare, in molti casi, il jet fuel può valere fino al 40% dei costi complessivi di una compagnia aerea e avere velivoli sempre più efficienti è necessario per rimanere competitivi. Non è un caso che le compagnie più attente ai costi abbiano una flotta molto giovane e quindi consumi ed emissioni inferiori.
Ciò è accompagnato dalle misure che molti aeroporti stanno compiendo per arrivare a gestioni a impatto zero in tempi relativamente rapidi con mezzi di terra elettrici ed energia da fonti rinnovabili.
Per quanto riguarda i voli in sé, c’è da sottolineare che la gran parte delle emissioni sono dovute al trasporto a lungo raggio, che tuttavia non ha sostituti. Uno studio di Eurocontrol ha evidenziato che il 75% delle emissioni avviene per voli con distanze superiori a 1.500 chilometri.
Lo shift modale è possibile per alcune tratte, anche se bisogna notare che molte di queste coperte dal treno ad alta velocità hanno già registrato negli ultimi anni una sostituzione, soprattutto laddove l’alta velocità ha visto l’introduzione della concorrenza. Si sottolinea ad esempio il caso della Milano – Roma, che vede la competizione intramodale nel treno dal 2012 o il caso della Madrid – Barcellona, che vede dal maggio del 2021 l’arrivo della concorrenza di un nuovo operatore.
Il vero punto chiave non è dunque come riuscire ad abbattere le emissioni per quel 25% delle emissioni dovute ai voli a corto-medio raggio che incidono per il 13,5% delle emissioni dei trasporti, il cui settore pesa per un quarto delle emissioni totali (nel complesso l’8 per mille delle emissioni complessive), ma come riuscire ad incidere anche per i voli a lungo raggio.
C’è dunque da comprendere quali sono i metodi per abbattere le emissioni in generale e quali possono essere applicate al lungo raggio.
Una delle soluzioni più promettenti, alle quali la Commissione europea pone molta attenzione, è quella dei Sustainable aviation fuel (Saf) il cui costo risulta ancora molto elevato. Senza incentivi da parte della stessa Commissione o degli Stati membri sarà molto complesso raggiungere gli obiettivi posti (5% nell’uso dei Saf entro il 2030) e rischia di pesare in maniera rilevante sui bilanci delle compagnie, principalmente quelle europee.
Un altro modo per cercare di rispondere all’esternalità dell’inquinamento è quello di introdurre un costo alle emissioni. Esiste già un Ets (Emission trading system) che introduce questo principio tramite un sistema di aste.
Questo sistema, che la Commissione europea vorrebbe rafforzare, può essere tuttavia distorsivo nei confronti delle compagnie aeree europee, specie per i voli intercontinentali. L’introduzione di un sistema del genere che faccia pagare solamente i clienti che partono da aeroporti europei rende meno competitivi i voli diretti dall’Europa rispetto a quelli che utilizzano hub al di fuori dell’Europa.
Un sistema del genere è dunque molto complesso da utilizzare solo a livello europeo poiché distorsivo. Piuttosto, si potrebbe cercare di introdurre un sistema del genere a livello globale, anche se l’accettazione da parte di altri Stati sarebbe complessa.
Il principio di pagare per l’esternalità negativa tramite un sistema di mercato (le aste) è logico, ma è altresì rilevante ricordare che la maggior parte delle emissioni del trasporto aereo deriva dal lungo raggio che vede una concorrenza di compagnie aeree extra-UE che utilizzano hub fuori dall’Unione Europea.
Un altro metodo è la compensazione dell’inquinamento tramite progetti di decarbonizzazione, messi sempre più sotto osservazione perché non sono efficienti nella riduzione effettiva delle emissioni del settore aereo. Alcune compagnie aeree hanno deciso di cancellare alcuni di questi programmi, tramite progetti in altri settori.
C’è poi da sottolineare che l’aviazione business è stata messa sotto la lente per la tipologia di trasporto. Va notato però che l’impatto di questo specifico settore è di circa 1,3 per cento del trasporto aereo.
In questo caso, l’introduzione di una specifica tassazione per l’inquinamento (ai prezzi attuali elevati della tonnellata di “carbon permits”) potrebbe portare un introito di circa 170 milioni di euro a livello complessivo europeo (una cifra contenuta, considerando che la spesa pubblica italiana è oltre mille miliardi di euro l’anno).
Quali sono le altre politiche che possono essere attuate più facilmente per la riduzione delle emissioni?
Una, che si sta discutendo da troppo tempo, è quella dell’armonizzazione del traffico aereo europeo.
La creazione di un “cielo unico europeo” è necessaria per risparmiare non solo tempo per i voli, ma anche per la riduzione delle emissioni complessive con una gestione più efficiente. Su questo punto, che potrebbe essere implementato molto velocemente, si oppongono solo alcune lobby che di fatto non vogliono un’integrazione europea.
Lo sviluppo tecnologico degli aeroplani elettrici o a idrogeno è l’altro fattore che può portare nel 2050 a un cambiamento rilevante. Nel primo caso, non sarà facile raggiungere l’efficienza delle batterie per voli a lungo raggio, nel secondo invece la vera determinante sarà come verrà prodotto l’idrogeno. Solamente quello “verde”, prodotto cioè con l’impiego di energia rinnovabile, ottiene vantaggi ambientali, ma ha un costo molto superiore alle altre modalità di produzione di idrogeno.
Il tema del “pay for polluting” è dunque uno dei temi principali per i prossimi anni, specialmente a livello europeo, ma una vera strategia per la decarbonizzazione del settore del trasporto aereo passa tramite molteplici azioni come i SAF, nuove tecnologie per gli aerei, un miglioramento dell’efficienza energetica lato terra, un cielo unico europeo, una maggiore concorrenza nel trasporto ferroviario e tante piccole azioni che nel complesso possono portare a raggiungere gli obiettivi sfidanti che l’Unione Europea si è posta.