Il meccanico è diventato meccatronico, ma con il full electric si passa a un altro livello

Il meccanico è diventato meccatronico, ma con il full electric si passa a un altro livello

Meccanico mestiere a rischio? No, è solo cambiato

Auto sempre più elettriche e connesse hanno portato la figura del meccanico a evolversi in meccatronico e a diversificare le figure addette alla riparazione. La casa madre sarà sempre più coinvolta per quanto riguarda la componente informatica

Il passaggio all'auto elettrica sta cambiando le officine italiane e chi ci lavora. Il meccanico è diventato un meccatronico, unendo le sue competenze con quelle dell'elettrauto. «Operiamo sulle parti meccaniche ma anche elettroniche delle vetture tradizionali, dall'airbag alla climatizzazione, fino al sistema Abs», ci spiega Alessandro Angelone, presidente nazionale di Confartigianato Autoriparazione, sottolineando che questo profilo professionale è la conseguenza delle mutate esigenze dei clienti e dell'evoluzione tecnologica dei veicoli, che ha riguardato l'ibrido e l'elettrico, ma prima ancora le alimentazioni tradizionali. Infatti la legge che ha sancito la nascita del meccatronico - la 224 del 2012 - è arrivata solo dopo, per regolamentare una professionalità che era già in piena attività.

Con il full electric però si passa a un altro livello: «Già con le ibride i rischi aumentano, perché le auto hanno reti di bordo che vanno a 48 volt, mentre i veicoli endotermici si fermano a 12 volt. Le elettriche pure sono ancora più pericolose, perché lavorano a circa 400 volt, c'è quindi il rischio di folgorazione. Per questo servono delle certificazioni che prendono spunto dalla normativa CEI 11-27», aggiunge l'esperto. Si tratta della norma che disciplina gli interventi che vengono effettuati sugli impianti elettrici. «Per operare sulle vetture elettriche e ibride abbiamo seguito corsi specifici, come Pes (Persona esperta, ndr), Pav (Persona avvertita, ndr), Pei (Personale che lavora sotto tensione, ndr)», continua Angelone, riferendosi ai requisiti formativi individuati dalla norma. Ci sono poi altri corsi di formazione, che permettono di acquisire competenze da integrare con la propria esperienza professionale: «Li erogano aziende specializzate, come quelle che fanno diagnostica. Un esempio in Italia è Texa, che ha un'academy dedicata alla formazione tecnica per i meccatronici», ricorda l'esperto.

La corsa dell'elettrico

Il 2021 è stato un anno da record nella Penisola per i veicoli elettrici con 137mila nuove immatricolazioni, in aumento del 128% rispetto al 2020 (quando avevano raggiunto le 60.000), secondo i dati dello Smart mobility report redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. «Anche in Italia l'elettrico inizia a essere una realtà abbastanza consolidata, nel 2021 un'auto venduta su dieci era elettrica», ci spiega Simone Franzò, direttore dell'Osservatorio, aggiungendo che c’è ancora strada da fare: «In Francia la quota di mercato dell'auto elettrica ha toccato il 18% lo scorso anno, in Germania è arrivata al 26%».

Gli obiettivi di decarbonizzazione favoriranno la diffusione di queste vetture, ma i veicoli a combustione interna non spariranno presto: solo nel nostro Paese, abbiamo uno stock di circa 40 milioni di autovetture e la maggior parte sono a benzina e diesel. Per la loro manutenzione serviranno le conoscenze dei meccanici, ma nel lungo tempo ci si domanda se l'elettrificazione farà sparire i posti di lavoro nelle officine. Per Angelone, il mestiere del meccanico non è a rischio. «La figura dell'elettrauto sta scomparendo, sostituita dal meccatronico», ci dice, sottolineando che i dispositivi intelligenti, come i motori di avviamento e l'alternatore, hanno portato il mestiere del meccanico a evolversi e ad attrezzarsi con la diagnosi elettronica: «Se non l'avessi fatto, non avrei potuto servire diversi miei clienti».

La componente informatica della vettura, però, rimane una prerogativa del produttore del veicolo, chiarisce l’esperto. E questa tendenza si rafforzerà in futuro, con i veicoli connessi. «Se devo programmare uno strumento di bordo, servono dei software che un'officina indipendente non possiede». Il costruttore fornisce i suoi tecnici dei programmi e del know-how necessario per operare sulle auto che produce; così per alcune operazioni di alto profilo, è necessario rivolgersi alla sua rete.

Computer su ruote

Ci dice lo stesso Claudio Cavallotto, il direttore della rete di scuole per la mobilità sostenibile (Rete e-Mobility): «Le operazioni di programmazione e riprogrammazione sul veicolo elettrico saranno svolte dalla casa madre». Già oggi il software di alcuni brand si aggiorna in tempo reale, continua Cavallotto, facendo notare che «le auto saranno sempre più connesse e l’aggiornamento del software che le gestisce avverrà attraverso una rete dati tra il veicolo e il produttore. Senza bisogno dell’intervento dell’officina». Grazie agli strumenti di telematica a bordo e alla connessione internet, il veicolo può infatti comunicare i suoi dati ad altri dispositivi e in futuro potrà interagire sempre di più con l’ambiente circostante, per garantire maggiore sicurezza e una migliore mobilità. Una tecnologia che abilita anche la manutenzione predittiva del veicolo, «operazioni che saranno sempre più centralizzate, perché gestite attraverso software proprietari dalla casa madre e grazie ai dati forniti dalle vetture», aggiunge l’esperto, che precisa: «Le officine dovranno solo fare piccoli lavori di manutenzione, aiutate dalle indicazioni fornite dal software che segnalerà qual è il pezzo eventualmente da cambiare o su cui intervenire».

Una preparazione informatica potrebbe aiutare le nuove generazioni di meccatronici a lavorare con auto e tecnologie sempre più avanzate. Competenze che sono richieste anche dai costruttori dell’elettrico, secondo una survey condotta da Rete e-Mobility e associazione Motus-e. «Non abbiamo ancora realizzato corsi specifici con le scuole nel settore informatico, perché si tratta di linguaggi di programmazione di alto livello, che molto spesso vengono affrontati solo in un corso di laurea. Le competenze base di programmazione di uno studente che termina l’istituto tecnico non bastano», chiarisce Cavallotto. Che aggiunge: «Poi è chiaro che un gruppo di lavoro dovrà essere formato da un tecnico di livello superiore, da un ingegnere, e dai suoi collaboratori che si occupano di operazioni meno complesse».


Marco Cimminella

Altri come questo