Negli ultimi due anni la pandemia di Covid ha messo a dura prova il mondo intero e ci ha fatto capire, forse per la prima volta nella storia recente, quanto siano vulnerabili gli esseri umani e quanto sia importante prendersi cura della nostra Madre Terra per sopravvivere e progredire.
Con molti paesi ancora colpiti dal virus, la speranza è che tutti si rendano conto di quanto sia imperativo tutelare l’ambiente, una consapevolezza che va nutrita oggi più che mai, come ha ricordato la Giornata della Terra, lo scorso 22 aprile.
Questa ricorrenza ha avuto origine più di cinquant’anni fa: era infatti il 22 aprile 1970 quando negli Stati Uniti si celebrò il primo “Earth Day”. Nata da un’idea del senatore del Wisconsin Gaylord Nelson e dell’attivista Denis Hayes, la Giornata della Terra è presto diventata un movimento nazionale che ha ispirato gli americani a concentrarsi sull’importanza di un ambiente sano. Da sempre le iniziative organizzate per celebrare questo evento richiamano milioni di persone in tutti gli Stati Uniti. Il crescente interesse per l’azione ambientale ha spinto il governo americano a istituire l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e ad approvare leggi radicali contro l’inquinamento, come il Clean Water Act e il Clean Air Act.
Ogni anno le comunità, i governi, le ONG e le imprese di tutto il mondo si riuniscono per celebrare la Giornata della Terra all’insegna dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. L’intento: promuovere la crescita economica e la prosperità sociale, tutelando il pianeta. Le istituzioni, il settore pubblico e privato, e tutti personalmente sono chiamati a dare il proprio contributo per proteggere la qualità dell’aria e mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici, facendo scelte di energia pulita, vivendo la natura e preservando l’ambiente per le generazioni attuali e future.
Come stanno andando le cose? Quali sono le novità? Cosa ci riserva il futuro? Ne abbiamo parlato con Kathleen Rogers, Presidente della Earth Day Organization.
Rogers, il clima sta cambiando
«Oggi il mondo sta affrontando una serie di problemi impellenti: la disuguaglianza economica, la minaccia di una guerra nucleare e la crisi delle istituzioni democratiche sono da anni in cima alle agende politiche. In realtà, uno dei più gravi – e purtroppo sottovalutati – pericoli globali è il cambiamento climatico. La combinazione di aumento delle temperature, diminuzione delle precipitazioni e una serie di altri scompensi ambientali sta già infliggendo profonde sofferenze e, se non controllata, potrebbe destabilizzare ulteriormente il pianeta.
Il cambiamento climatico colpisce la nostra società con il suo impatto sulle risorse sociali, culturali e naturali. Può danneggiare la salute umana, le infrastrutture e i sistemi di trasporto, come pure le forniture di energia, cibo e acqua. Il clima che cambia influenzerà anche i conflitti globali, perché le popolazioni si troveranno a combattere per accaparrarsi le risorse. Le economie dovranno fare i conti con i danni che i cambiamenti climatici arrecheranno alla produzione agricola in tutto il mondo.
Il cambiamento climatico non è solo una minaccia futura: sta accadendo ora e non farà che peggiorare. La buona notizia è che possiamo agire per rallentarlo e adattarci ai suoi effetti».
In che modo il cambiamento climatico influenza i conflitti e i flussi migratori globali?
«Il cambiamento climatico sta contribuendo ad aumentare i conflitti globali perché rappresenta un rischio per la sicurezza dell’umanità, mette a repentaglio la disponibilità d’acqua e alimenta i flussi migratori. Inoltre aggrava i conflitti esistenti, non da ultimo per il modo in cui sta esacerbando le crisi idriche e alimentari. Il rischio di conflitto è più pronunciato nelle regioni aride e semi-aride, che sono già inclini all’instabilità, ma col tempo interesserà anche le zone più temperate. Già oggi la crisi climatica spinge le persone a spostarsi e in futuro non farà che aumentare la velocità e la portata delle migrazioni.
La guerra in Siria e la crisi dei rifugiati in Europa sono chiari esempi del nesso che intercorre tra i conflitti globali e i cambiamenti climatici. Il conflitto in Siria è iniziato quando il paese ha vissuto la peggiore siccità della sua storia. La siccità è uno degli effetti più comuni del cambiamento climatico e causa molti problemi alle popolazioni in tutto il mondo».
Perché lo slogan del 2022 è stato “Investire nel nostro pianeta”?
«Il tema della Giornata della Terra 2022 è stato 'Investire nel nostro pianeta'. L’edizione di quest’anno si è concentrata sull’accelerazione delle soluzioni per contrastare la nostra più grande minaccia, il cambiamento climatico e invitare tutti tra governi, cittadini e imprese, a fare la loro parte.
Il nostro obiettivo è coinvolgere quell’oltre un miliardo di persone, governi, istituzioni e imprese che partecipano alla Giornata della Terra per riconoscere insieme la nostra responsabilità collettiva e contribuire ad accelerare la transizione verso un’economia verde equa e prospera per tutti. La campagna dell’Edo vuole abbattere le barriere erette dalla vecchia e 'sporca' economia dei combustibili fossili e dai suoi co-cospiratori, cioè le tecnologie vetuste dei secoli passati, e riportare l’attenzione sulla creazione di un’economia del XXI secolo, capace di rimettere in salute il pianeta, proteggere le specie viventi e offrire opportunità per tutti».
Qual è la vera sfida dopo più di cinquant’anni di celebrazioni?
«La Giornata della Terra è una campagna di sensibilizzazione ambientale nata nel 1970 negli Stati Uniti e ora celebrata ogni anno in più di 193 paesi. È un’occasione per riflettere sulla fragile natura del nostro pianeta e sulle forze che minacciano la sua esistenza, ma anche sui traguardi raggiunti finora.
Le sfide che dobbiamo ancora affrontare dipendono dal fatto che questioni urgenti, come il cambiamento climatico e l’inquinamento da plastica, rimangono irrisolte. C’è sempre meno tempo per evitare che il pianeta si riscaldi oltre il punto in cui gravi eventi, come incendi e siccità o manifestazioni meteorologiche prima rarissime, diventino la normalità. Nonostante gli sforzi dell’ONU e dei leader mondiali, le contromisure non sono abbastanza rapide».
Come possono i social media e la stampa online sostenere la causa?
«Il cambiamento climatico è un problema serio, che non può essere affrontato con i mezzi tradizionali. In effetti si può intervenire anche senza lasciare il proprio paese: si può combattere il cambiamento climatico da casa, usando i social media. Facebook e Twitter sono diventati strumenti potenti per diffondere notizie sul cambiamento climatico e organizzare iniziative collettive. Il modo migliore per sfruttare i social media a favore della causa è lasciare un commento o condividere un messaggio sulla questione.
I social sono il mezzo di comunicazione globale più potente della storia e hanno la capacità di raggiungere miliardi di persone. Sono risorse che possiamo utilizzare per accrescere la consapevolezza sul cambiamento climatico, per mostrare cosa sta accadendo nel mondo e per incoraggiare le persone a fare piccoli passi che possono però avere un grande impatto. Lo stesso vale per le pubblicazioni digitali, che permettono di ovviare alla dipendenza dalle macchine da stampa per diffondere le informazioni a un vasto pubblico».
Può spiegarci il ruolo dell’educazione per uno sviluppo sostenibile concreto? Che cos’è per lei l’alfabetizzazione climatica?
«C’è un corpus di ricerca sempre più nutrito che dimostra come l’alfabetizzazione climatica possa aiutare i singoli individui e le comunità a prendere decisioni più informate sull’ambiente. Questa ricerca evidenzia anche l’importanza dell’educazione climatica in altri aspetti dello sviluppo sostenibile, come affrontare le cause profonde del cambiamento climatico, aumentare la resilienza ai suoi impatti e raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Lo scopo ultimo di questi obiettivi è porre fine alla povertà e migliorare gli standard di vita delle persone più indigenti al mondo, senza degradare l’ambiente. Per realizzare questa ambizione dobbiamo capire come funziona il clima e in che modo viene influenzato dalle attività umane. Ciò implica a sua volta una conoscenza della climatologia. L’alfabetizzazione climatica è la capacità di comprendere il contesto e la scienza del cambiamento climatico e di trasmettere agli altri questo know-how.
Dobbiamo costruire un movimento di alfabetizzazione climatica che permetta alla gente di capire la crisi del clima e le sue potenziali soluzioni, e di agire di conseguenza nella vita quotidiana. Questo movimento deve promuovere fra le altre cose una comprensione più approfondita del sistema climatico e del ruolo critico dell’attività – o inattività – umana nel plasmare il suo futuro. Deve anche includere un’analisi del contributo che l’uomo ha apportato alla crisi climatica nel corso della storia e dei passi che possiamo compiere per ridurre le nostre emissioni di gas serra e mitigare le ripercussioni peggiori dei cambiamenti climatici. Questo movimento avrà successo solo se riuscirà ad unire le persone, a prescindere da etnia, stato economico o grado di istruzione».