Volare è un sogno che ha riempito le pagine di mitologia e gli schermi di fantascienza, da Dedalo e Icaro fino a James Bond. Studiosi come Leonardo da Vinci con la “macchina volante” descritta nel Codice Atlantico, hanno impegnato il proprio genio a “mettere le ali” a una creatura che non ha nulla di aerodinamico. Deltaplani, paracaduti e parapendii consentono all'uomo di planare a patto di trovarsi già in posizione elevata, ma oggi la sfida è sviluppare una mobilità individuale autonoma oltre i limiti della più famosa legge fisica elaborata da Isaac Newton.
Ed è “Gravity” il nome della compagnia che Richard Browning ha fondato nel 2017 dopo aver creato una “Jet Suit” da Guinness dei primati. L'inventore inglese ha raggiunto la maggior velocità di sempre in volo (136,8 chilometri orari) per un uomo con una “tuta jet”, nel 2019, diventando noto come “l'Iron Man della vita reale”, per la somiglianza del dispositivo brevettato con l'apparecchio indossato da Tony Stark.
La Jet Suit può tecnicamente raggiungere un'altezza di 3.650 metri e il volo può durare fino a dieci minuti, percorrendo fino a 12,8 chilometri in autonomia. Per design è un'evoluzione wearable di apparecchi come i “jet pack” (zaino jet) o i “rocket belt” (cintura-razzo). Il primo progetto fu del russo Alexander Andreev nel 1919, per dare ai soldati uno strumento efficace nell'assedio delle fortezze nemiche. Il dispositivo, con ali lunghe un metro, fu brevettato e doveva essere alimentato a ossigeno e metano, ma a quanto pare non venne mai costruito o sperimentato.
La ricerca nel secondo dopoguerra si concentrò sui motori a perossido di idrogeno, un gas che, a contatto con un catalizzatore, provoca una reazione esotermica. Bell Rocket Belt realizzò modelli impiegati a Disneyland, alle Olimpiadi del 1984, del 1996 e nel film “Thunderball” del 1965, con Sean Connery nei panni dell'agente 007. Il jetpack tuttavia poteva volare per appena 30 secondi e dopo averlo valutato per attività logistiche, di ricognizione e manovre tattiche nei primi anni ‘60, anche l'esercito americano perse l'interesse.
Nello stesso periodo, l'impiego dei motori turbo a cherosene o diesel diede nuova linfa alla ricerca, con maggiori risultati solo negli ultimi vent'anni. Nel 2008 destò clamore l'impresa di Yves Rossy, che con un'ala a reazione lunga circa 2,4 metri sulla schiena, sorvolò il Canale della Manica in 9 minuti e 7 secondi, toccando i 300 chilometri orari. L'aviatore svizzero, tuttavia, si era lanciato da un aereo a 2.500 metri di altitudine, atterrando con un paracadute.
Vince Reffet segnò un ulteriore progresso, fissando il record di altezza raggiunta decollando da terra in volo autonomo con un apparecchio della compagnia Jetman, a Dubai nel 2020. In tre minuti raggiunse i 1.800 metri, utilizzando a sua volta il paracadute per atterrare. Purtroppo, il base jumper scomparve pochi mesi dopo in un incidente mortale, durante un allenamento.
Un altro francese, Franky Zapata, attraversò in volo la Manica nel 2019 grazie a un “volopattino” a cinque turbine, fermandosi per un rifornimento su una imbarcazione, a metà strada. Il suo Flyboard Air può raggiungere una potenziale altitudine di 3mila metri, i 200 chilometri orari di velocità e volare per dieci minuti. Un wearable a suo modo, con calzature fissate alla pedana per migliorare l'equilibrio.
Con sede a Ventura in California, Jetpack Aviation si ispira invece a un design molto più “classico” tanto da dichiarare di produrre “l'unico jetpack al mondo”. La compagnia fondata dall'australiano David Mayman si è avvalsa infatti del know-how di Nelson Tyler, già collaboratore di Bell Rocket Belt. Il JB-10 viene utilizzato per l’addestramento, mentre il JB-11 è più performante e può raggiungere i 4.500 metri d'altezza e i 190 km/h di velocità, per voli di dieci minuti. Sono alimentati con cherosene, diesel o carburante Jet A-1, ed è possibile acquistarli su richiesta.
Su questa falsariga molti altri inventori hanno affrontato la sfida del volo umano, ma con la sua tuta jet Browning ha sviluppato ulteriormente il design. La Jet Suit genera mille cavalli di potenza e per essere guidata sfrutta la spinta vettoriale orientata dal conducente, che indossa due turbine per braccio e un'altra più grande sulla schiena, per un totale di cinque. La “tuta di Iron Man” può volare a un carico totale di 110 chilogrammi ed è stata sperimentata per operazioni di ricerca e soccorso in montagna e in collaborazioni con la marina reale britannica.
È possibile imparare a utilizzarla nei centri di volo Gravity a Goodwood (Regno Unito) e Camarillo (California). Browning, ex dipendente della British Petroleum per 16 anni ed ex Royal Marine per altri 6, proviene da sua famiglia con trascorsi nell'aviazione e ha raccontato che il progetto della Jet Suit è iniziato dall'acquisto su internet di un motore a reazione, una notte del marzo 2016.
Da allora, Gravity ha ottenuto un round di finanziamento da 640mila dollari dai venture capitalist Tim e Adam Draper. In merito a un'evoluzione come mezzo di trasporto, Browning ha ammesso che «le Jet Suit non sono un mezzo efficiente di spostarsi, in questa fase». Tuttavia ha ricordato che «in pochi vedevano un potenziale» anche nelle prime automobili, pertanto la scelta è di concentrarsi al momento sull'intrattenimento sportivo, con una International Race Series e su alcune nicchie di utenza.
«Non escludiamo la possibilità che una versione elettrica o alare possa diventare più mainstream, con il rapido progresso della tecnologia», ha aggiunto. Gravity ha già elaborato infatti un prototipo grezzo di tuta jet elettrica, la prima al mondo, realizzata in fibra di carbonio, alluminio, polipropilene stampato in 3D e alimentata con potenti batterie litio-polimero a ricarica rapida. L'eSuit è stata già utilizzata in pubblico da Sam Rogers, uno dei piloti Gravity, in occasione del Future Lab al Festival della Velocità di Goodwood nel 2021.