La digitalizzazione e i big data aprono nuove possibilità nel gestire e progettare le infrastrutture

La digitalizzazione e i big data aprono nuove possibilità nel gestire e progettare le infrastrutture

I nuovi strumenti alla base delle moderne infrastrutture

La digitalizzazione e la gestione dei big-data aprono nuove prospettive nel settore delle infrastrutture. Sistemi di monitoraggio e diagnosi possono essere implementati con quelli di gestione del traffico, fornendo strutture moderne ed efficienti al paese. L’Università può fare molto, ben oltre la formazione di nuove competenze*

Nel sistema economico europeo, ossia in uno spazio dove le merci e le persone si muovono sempre più velocemente e sempre più liberamente, le infrastrutture viarie e ferroviarie rappresentano a tutti gli effetti lo scheletro dell’Unione e dei singoli paesi che ne fanno parte. È quindi evidente come un sistema infrastrutturale efficiente e ben manutenuto impatti in maniera sostanziale sull’economia, rendendo più efficace la mobilità di persone e merci. Inoltre, un sistema infrastrutturale razionale e funzionale permette di ridurre l’impatto ambientale del trasporto e renderlo più sostenibile.

In Italia, come nella gran parte dei paesi europei, molti dei manufatti che compongono il sistema viario e ferroviario sono stati realizzati tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso e hanno quindi superato o stanno per raggiungere i cinquanta anni di vita. Da qui la necessità non solo di ammodernare l’esistente, ma anche di implementare una nuova logica di progettazione, manutenzione e gestione che guardi al sistema nel suo complesso e non solo alla singola opera. Che tenga conto delle possibilità aperte dalle nuove tecnologie, prima fra tutte la digitalizzazione e la capacità di gestione di grandi quantità di dati. Inoltre è bene ricordare come le reti stradali e ferroviarie siano sistemi in cui la ridondanza, spesso, non è economicamente sostenibile. Da qui la necessità di eseguire un’analisi attenta dell’impatto economico, locale e globale.

Un quadro questo che mette in evidenza non solo l’importanza di diversi aspetti tecnici e scientifici, ma anche e soprattutto la centralità di un approccio multidisciplinare che possa affrontare il tema, tenendo conto di tutte le sue componenti. In quest’ottica, il Politecnico di Milano ha dato vita a un gruppo di lavoro che raccoglie ricercatori e docenti provenienti dai diversi dipartimenti dell’ingegneria civile, meccanica, elettronica, matematica e gestionale. L’approccio adottato è di tipo collaborativo e interdisciplinare, di fondamentale importanza nell’affiancare i gestori delle infrastrutture in percorsi di definizione delle linee guida per il monitoraggio strutturale e per la sua integrazione nei sistemi di manutenzione e di diagnostica. 

In tal senso, un progetto emblematico è rappresentato dall’accordo di collaborazione tra Politecnico e Regione Lombardia per lo sviluppo di un sistema esperto di supporto al processo decisionale e per la programmazione delle attività di ispezione e di manutenzione. Un’iniziativa pensata per garantire livelli adeguati di sicurezza nel tempo e un’efficace allocazione delle risorse sulla base di un’analisi combinata di rischio e impatto a livello di sistema. 

Sono stati quindi messi a punto sistemi di analisi della base documentale disponibile che, integrati con una verifica dei flussi di traffico, hanno permesso di classificare i manufatti dapprima in diversi cluster tipologici e a seguire di posizionarli in una classica matrice di rischio, definendo così una logica di assegnazione delle risorse disponibili. Il livello di priorità del singolo manufatto viene quindi stabilito sulla base della matrice di rischio definita da una valutazione a due livelli che combina le priorità tecniche - vulnerabilità e pericolosità - e le priorità funzionali associate alla rete stradale.

Questo tipo di approccio è piuttosto significativo in questo particolare momento, perché grazie alle misure introdotte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il rilancio del sistema infrastrutturale vede una grande quantità di risorse disponibili per la modernizzazione e l’introduzione di nuove tecnologie.

In particolare, per stabilire le classi di priorità di intervento a livello di sistema si evidenzia la necessità di standardizzazione dei database, la loro integrazione e il conseguente aumento del grado di conoscenza delle infrastrutture e delle opere d’arte serventi e la conseguente corretta programmazione dell’uso delle ingenti risorse disponibili. È in quest’ottica che il Politecnico collabora con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) per analizzare le possibilità di integrazione di sistemi di monitoraggio e diagnostica nella struttura dei piani di manutenzione dei manufatti presenti nei sistemi infrastrutturali viari.

Se passiamo poi a considerare gli aspetti puramente tecnologici, è bene sottolineare come il costo ridotto degli strumenti di misura e la grande disponibilità di sistemi per la trasmissione, la gestione e l’analisi di grandi quantità di dati renda il monitoraggio strutturale (statico e dinamico) una possibilità concreta e realistica di verificare, in tempo reale, il comportamento strutturale delle infrastrutture, sia facendo riferimento alle opere d’arte in esercizio sia pensando alle opere di nuova costruzione.

Tuttavia, affinché questo sia possibile, i sistemi di misura devono essere progettati e realizzati con obiettivi molto chiari e specifici. Sono infatti possibili diversi approcci per l’analisi dei dati e per la valutazione del comportamento strutturale. I due principali metodi di analisi si dividono in “model based” e “machine learning”, i primi basati sulla modellazione numerica della struttura, mentre i secondi sono fondati su tecniche di pura analisi dei dati. In particolare, secondo il primo approccio, è di fondamentale importanza l’interazione con un gemello digitale del manufatto per una calibrazione continua e l’aggiornamento dei parametri del modello stesso.

L’uso di metodi “model based” è sicuramente molto interessante per le opere d’arte di nuova realizzazione, che sono progettate tramite modelli ad elementi finiti e con un approccio BIM (Building information modeling), ossia elementi che rendono il gemello digitale disponibile ancora prima che la struttura sia realizzata. Mentre l’uso di sistemi di intelligenza artificiale o machine learning è preferibile nel caso di strutture in opera, per le quali si riscontrano vari elementi di complessità, ragion per cui è spesso molto difficile, e quindi costoso, definire un modello numerico affidabile che spesso lascia spazio ad ampi margini di incertezza.

Anche nel caso delle tecniche di monitoraggio strutturale, la definizione di standard è di massima importanza sia per definire nel dettaglio le architetture di trasmissioni dati più affidabili e convenienti sia per verificare e dimostrare la capacità dei sistemi proposti di rilevare e di segnalare l’insorgenza e l’evoluzione di ammaloramenti.

La capacità di analisi e di acquisizione dei dati strutturali va inoltre integrata con le informazioni raccolte dai sistemi di gestione del traffico e della mobilità autonoma e connessa. Un esempio pratico riguarda la possibilità di conoscere il carico che percorre il sistema infrastrutturale tramite il tracciamento dei veicoli utilizzando sistemi di pesatura disposti in nodi strategici della rete. La conoscenza del carico risulta fondamentale nell’uso dei gemelli digitali perché permette di correlare la risposta strutturale al forzamento in ingresso.

Non ultimo, un aspetto cruciale delle attività che il Politecnico sta mettendo in campo riguarda la formazione del capitale umano e nell’innovazione dell’offerta didattica. Il corso di Laurea Magistrale in Mobility Engineering, insieme a numerosi corsi interdisciplinari, rappresenta la chiave di volta per la formazione delle figure tecniche in grado di progettare e gestire sistemi innovativi.

Città sempre più smart, vettori innovativi, collegamenti nazionali e internazionali altamente complessi, problemi di sicurezza e di impatto ambientale sono solo alcune delle criticità alle quali gli esperti di mobilità saranno chiamati a far fronte. Un settore che richiede non solo competenze tecnico-ingegneristiche, ma anche gestionali e di visione. Vere priorità per le imprese e gli enti che, a vario titolo, operano nel settore. 

Il ruolo dell’università è dunque quello di fare da collante: formazione e ricerca da un lato, innovazione dall’altro secondo una visione strategica che parte da aspetti puntuali, ma che finisce con l’abbracciare una prospettiva di sistema. Le infrastrutture rappresentano infatti l’ossatura di un paese, l’Italia, che vogliamo moderno, avanzato, collegato con l’Europa, al centro di dinamiche economiche di crescita. E come per tutti i sistemi avanzati, quest’immagine dipende, in larga parte, dalla nostra capacità di investire in innovazione, formazione e ricerca.

*Marco Belloli, professore ordinario, dipartimento di Meccanica, Politecnico di Milano è co-autore di questo articolo


Ferruccio Resta - Rettore del Politecnico di Milano e presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), è componente esperto della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. È autore di oltre 240 pubblicazioni e titolare di sette brevetti internazionali. Riveste incarichi nella comunità industriale e nel tessuto sociale italiano, come membro del CdA di Leonardo SpA, Allianz SpA, Veneranda Fabbrica del Duomo, Fondazione Silvio Tronchetti Provera e Fondazione Lombardia per l’Ambiente. Partecipa a comitati scientifici, di innovazione e advisory board (Fondazione Enel, NextChem-Tecnimont, SIAM, Fondazione Collegio delle università milanesi). Dal 2019 è Commendatore della Repubblica italiana.

Altri come questo