Il governo russo ha proibito l'uso della parola "guerra" per riferirsi alla guerra in Ucraina. I giornalisti rischiano pene fino a 15 anni di carcere

Il governo russo ha proibito l'uso della parola "guerra" per riferirsi alla guerra in Ucraina. I giornalisti rischiano pene fino a 15 anni di carcere

Internet diventa “Splinternet”: la guerra sui media del web

Il nuovo campo di battaglia per conquistare l'opinione pubblica è lo spazio pubblico digitale, come dimostra il conflitto tra Russia e Ucraina. Una divaricazione tale che può portare a una suddivisione di Internet: “Splinternet”

Quando il 16 gennaio 1991 Bernard Shaw riferì dalla CNN che “i cieli sopra Baghdad sono stati illuminati...”, il pubblico non sapeva ancora che la Prima Guerra del Golfo sarebbe stato il primo conflitto trasmesso in diretta televisiva. A quel tempo, la CNN era l'unico canale di notizie al mondo a trasmettere informazioni 24 ore su 24, 7 giorni su 7. 

Sono passati più di 30 anni e la guerra rimane ancora uno degli strumenti nella cassetta degli attrezzi a disposizione dei governi antidemocratici. Tuttavia, la risonanza mediatica di tali eventi drammatici è notevolmente cambiata. L'aggressione russa in Ucraina è trasmessa in diretta attraverso gli smartphone e la CNN non riesce a tenere il passo con l'ondata di informazioni che ha sommerso lo spazio pubblico digitale. 

Da molti anni i sociologi usano il termine “effetto CNN” per descrivere l'influenza che i media esercitano sulle decisioni politiche prese durante il conflitto. Dato l’attuale panorama digitale, lo si potrebbe chiamare anche “effetto Facebook o Twitter”, per fare riferimento al modo in cui i social media influenzano, per definizione, l'opinione pubblica

Questo avviene in una misura tale che non solo il mondo dei media cambia, ma anche Internet, e ciò che originariamente era stato pensato per unire il mondo in base al suo stesso progetto, può subire un cambiamento inaspettato. Come effettivamente previsto dagli esperti, la minaccia di “Splinternet  (l'Internet che si divide in una serie di segmenti del cyberspazio) diventa molto reale. La nuova rivoluzione del web è dietro l'angolo? 

Propaganda di stato russa

Da molti anni, i media russi di proprietà statale stanno agendo nell'interesse del Cremlino. L'obiettivo principale della propaganda russa è il suo pubblico nazionale e comprendeva raccogliere in tutto il Paese il sostegno a favore delle autorità tra le figure pubbliche di spicco, dalle celebrità ai rappresentati della Chiesa ortodossa legata allo Stato. La propaganda ha creato un'immagine falsa dell'Ucraina dipinta come uno stato empio e gestito da un “regime genocida e neonazista”.

La narrazione della guerra del 2022 si sta sviluppando velocemente, dato che la previsione di una vittoria rapida non si è realizzata. La disinformazione e la propaganda del Cremlino devono lavorare strenuamente per nascondere la realtà della situazione. La strategia? In primo luogo, presentare come false tutte le notizie provenienti dalla parte ucraina. In secondo luogo, convincere il pubblico russo che Kiev rappresenta una minaccia che incombe sulla Federazione. Il metodo? Riciclare le vecchie narrazioni ben note, ma ancora efficaci. Usare le piattaforme digitali esistenti per i propri scopi. Minare la credibilità dell'Ucraina e vietare i contenuti sconvenienti. 

Il generale maggiore Igor Konashenkov, spesso citato, ha dichiarato che «in Ucraina [si sta] implementando un programma militare biologico finanziato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti». Va notato che il Cremlino ha usato una narrazione simile nel 2020, incolpando gli Stati Uniti di aver dato il via alla pandemia di Covid-19. Al tempo, i media filogovernativi suggerirono che il virus era stato prodotto nel Maryland (USA). Inoltre, la Russia ha giustificato la presa della centrale nucleare di Chernobyl come misura preventiva intrapresa per impedire la costruzione di una cosiddetta bomba sporca. Tutto questo, implicitamente, giustifica le azioni della Russia, presentando queste misure come difensive e non come offensive

Anche se i giganti dei media su Internet come Google, Facebook, Twitter e TikTok, hanno cercato di combattere i contenuti legati alla disinformazione del Cremlino, non sono riusciti a controllarli tutti. Molti influencer russi, tramite TikTok, hanno presentato l'aggressione come una “operazione speciale russa con lo scopo di denazificare l'Ucraina”. Quando sono state imposte le prime sanzioni e i principali brand di lusso della moda si sono ritirati dalla Russia, alcuni personaggi dei social media hanno reagito con rabbia. Il video di Katrina Klimova, il cui account Instagram è seguito da 6,7 milioni di utenti, in cui distrugge i suoi vestiti di marca di lusso, rompe il suo iPhone e butta via un paio di scarpe Prada, è diventato virale. Il messaggio era chiaro. Il popolo russo non ha bisogno dell'Occidente e lo disprezza. 

Molti contenuti sono stati utilizzati fuori contesto per minare la credibilità dell'Ucraina. I sostenitori di Mosca hanno ampiamente condiviso sui social media filmati di bassa qualità di presunte atrocità e di veicoli militari. Molti di questi sono foto e video recuperati dal conflitto precedente. Secondo l'International Fact-Checking Network, si è trattato di un'operazione altamente coordinata volta a confondere il pubblico. Per esempio, una foto di due bambini che salutano i soldati ucraini che partono per il fronte è stata condivisa dal Ministero della Difesa dell'Ucraina nel 2016 e non ha nulla a che fare con la situazione attuale.

La Russia non risparmia nemmeno le piattaforme digitali, visto che il Cremlino ha limitato l'accesso a Instagram, Twitter e Facebook. Ma non è tutto: i procuratori russi hanno accusato Facebook di essere un'organizzazione “estremista” e hanno aperto un procedimento penale contro Meta, il suo proprietario. Inoltre, Roskomnadzor, l'organismo russo per la regolamentazione di Internet e delle comunicazioni, ha minacciato i giornalisti di messe al bando e multe se avessero cercato di scrivere sull'Ucraina usando fonti diverse da quelle ufficiali. 

I risultati? Come Jānis Sārts, direttore del Centro di eccellenza per le comunicazioni strategiche della NATO, ha affermato su Politico, «la Russia ha perso la guerra dell'informazione in Occidente, molto onestamente». Tuttavia, secondo quanto riportato dall'agenzia di sondaggi FOM, nonostante la perdita dell'Occidente, l'indice di approvazione personale di Putin è salito al 71% nei giorni successivi all'invasione del 24 febbraio. Sembra che i cuori e le menti dei cittadini russi siano stati conquistati dalla propaganda del Cremlino.

Il punto di vista dell'altra parte

Per l'Ucraina, sia i media tradizionali che quelli nuovi si sono rivelati strumenti altrettanto potenti. A differenza della propaganda russa, le autorità ucraine hanno capito perfettamente che il messaggio deve raggiungere non solo gli ucraini ma anche i russi e il pubblico mondiale. Il presidente Volodymyr Zelensky, ex-comico lui stesso, era ben consapevole del potere dell'immagine e i suoi monologhi quotidiani sono diventati iconici. 

Prima immagine. Zelensky, in piedi davanti al palazzo della presidenza, circondato dai suoi stretti collaboratori, assicura che «Noi siamo qui. Siamo a Kiev. Stiamo proteggendo l'Ucraina». Il video ha sollevato gli spiriti ucraini e ha mobilitato la nazione in difesa del loro Paese.

Seconda immagine. L'incisivo discorso di Zelensky in diretta al Parlamento europeo, durante il quale si è appellato agli eurocrati affinché «dimostrassero che [loro] sono davvero europei» è stato seguito da una lunga ovazione. Di conseguenza, gli europarlamentari hanno sollecitato l'Unione europea ad accettare l'Ucraina come candidato ufficiale per l'adesione all'UE.

Trent’anni fa, senza Internet e le videoconferenze, il suo appello avrebbe raggiunto solo i diplomatici, mentre il grande pubblico ne sarebbe rimasto ignaro. Ora, i filmati di edifici e ponti bombardati, di cittadini comuni che preparano bombe Molotov, di soldati che si sposano in uniforme militare raggiungono tutti. Milioni di visualizzazioni sulle piattaforme digitali si sono tradotte in milioni di persone che protestano nelle strade delle città d'Europa e del mondo intero contro l'aggressione della Russia.

Una frammentazione di Internet?

L'invasione russa dell'Ucraina è diventata un punto di svolta per Internet e per il mondo digitale. Le piattaforme digitali, presumibilmente neutrali, hanno preso posizione e hanno risposto. Twitter ha iniziato a etichettare i contenuti dei siti web dei media russi affiliati allo stato. Facebook, Google e YouTube hanno vietato ai media russi di fare pubblicità su queste piattaforme. Su richiesta dei membri dell'UE, Meta e TikTok hanno limitato l'accesso a Russia Today e a Sputnik in tutta l'Unione. Secondo la BBC Business, sia Twitter che Meta hanno istituito una squadra speciale che controlla la disinformazione, rimuovendo quindi più velocemente i contenuti che trasgrediscono. Le grandi piattaforme stanno ancora lavorando sul loro modus operandi in merito alla prevenzione della disinformazione. 


Alcuni analisti stimano che questa guerra potrebbe causare la frammentazione di Internet. Come sottolineato in una conversazione con Infra Journal da Kamil Mikulski, un esperto analista di minacce ibride presso il Kosciuszko Institute (un importante think tank e istituto di ricerca non governativo no profit in Polonia), «la frammentazione di Internet ('Splinternet') indica una divisione del World Wide Web dovuta a questioni di strategia politica, di sicurezza, tecnologiche o religiose». Come spiega ancora Mikulski, «la separazione effettiva può assumere varie forme, come utilizzare solo domini nazionali, convertire i domini stranieri in locali oppure bloccare gli host di server stranieri diretti. La demarcazione non è però assoluta. L'accesso non limitato o in gran parte libero all'Internet globale è generalmente riservato agli apparati amministrativi, mentre gli altri utenti devono sottostare a limitazioni o attenersi a Intranet. Ciò che è interessante è il fatto che i Paesi con il più basso accesso a Internet si posizionano spesso in basso nelle classifiche relative agli indici di libertà umana (per esempio Iran, Siria o Myanmar)». Sembra che la Federazione Russa faccia già parte di questa malfamata lista.


Magdalena Smenda - Specialista nelle relazioni con i donatori istituzionali per Polish Humanitarian Action, si è laureata in Sicurezza nazionale e Pubblica amministrazione all’Università Jagellonica di Cracovia e in Politica europea e studi di Governance al Collegio d’Europa a Bruges.Ha ottenuto una borsa di studio dal ministero degli Esteri in Polonia. È alumnus del Programma europeo di leadership a Bruxelles e della Scuola di leadership a Varsavia. Ha maturato la sua esperienza professionale all’ambasciata di Polonia a Parigi, all’agenzia di Investimento e commercio e presso il ministero degli Esteri a Varsavia, in Commissione europea e presso l’organizzazione internazionale non governativa CIDSE a Bruxelles, alla fondazione Kids Rainbow a Gaziantep, in Turchia.Ha collaborato con Kurier Europejski (ramo polacco del The New Federalist magazine) e Duel Amical. Parla fluentemente polacco, inglese e francese.

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