Cosa significa muoversi nella “Città dei 15 minuti”

La mobilità è una chiave di volta nella dimensione iper-locale delle metropoli, tornata d’attualità. Maggiore socialità, sviluppo economico nei quartieri e un ridotto impatto ambientale sono i risultati nelle città che sperimentano questo modello multipolare, per una maggiore vivibilità

Parigi ha creato 1.094 chilometri di piste ciclabili e ha pedonalizzato i boulevard sulla Senna

È un sistema capillare distribuito quello che si appresta a governare gli agglomerati urbani nel prossimo futuro. Il modello della “Città dei quindici minuti”, dove casa, uffici, scuole, negozi e servizi sono presenti in ogni quartiere e possono essere raggiunti attraverso spostamenti di un quarto d’ora l’uno dall’altro, conquista il plauso di abitanti e amministratori. I più innovatori tra questi ultimi lo stanno mettendo in pratica, confrontandosi con la difficoltà di adeguare un piano astratto a specifiche locali. Convinti, però, che le strategie di adattamento climatico, ormai non più procrastinabili, non possano che passare da una riduzione di scala della mobilità quotidiana. Concentrata, quest’ultima, su tragitti a piedi, in bicicletta, e a monte su un trasporto pubblico efficiente.

«Il ritmo delle città è tagliato su misura per le persone – non per le macchine», dice Carlos Moreno, accademico franco-colombiano di fama internazionale che per primo ha teorizzato con la “Ville du quart d’heure” il concetto di una città multipolare, capillarizzata nella distribuzione delle sue infrastrutture e servizi. Nella città dei quindici minuti «ogni metro quadrato di spazio disponibile è usato in maniera molteplice. I quartieri vengono progettati affinché si possa vivere, lavorare e beneficiare dei propri servizi quotidiani - senza ritrovarsi costantemente per strada». 

Ed è stata proprio Parigi, città dove Moreno insegna, la prima ad avere sposato questo nuovo modello urbanistico. La sindaca Anne Hidalgo, che ha fatto dell’ecologia uno dei suoi cavalli di battaglia, ha ufficializzato l’adozione della ville du quart d’heure a partire dal suo secondo mandato, lavorando in maniera prioritaria sul tema della mobilità. Dalla realizzazione di 1.094 chilometri di piste ciclabili, alla pedonalizzazione dei viali sulla Senna, alla soppressione di parcheggi e di corsie destinate alle macchine, fino al nuovo limite di 30km/h in tutta la città ad eccezione di qualche asse - la vita dell’automobilista a Parigi è oggi messa a dura prova. I risultati, accelerati dal Covid, si iniziano a vedere: solo un parigino su tre ha la macchina, mentre le bici elettriche si diffondono a ritmo forzato (47% di aumento della frequentazione media delle piste ciclabili, con un 45% di nuovi ciclisti “post-covid”). E non è finita: con il suo piano per le biciclette 2021-2026 (budget 250 milioni di euro), la capitale francese aspira a creare altri 180 km di piste.

In Europa, è un’altra grande metropoli a vocazione ecologista, Barcellona, ad aver accelerato l’adozione del modello della città dei quindici minuti. La via intrapresa dalla città catalana è quella dei Superblock o Superille: un meta-isolato, agglomerato di circa 400 metri per lato, dove il passaggio delle macchine è radicalmente ridotto e la pedonalizzazione estesa all’interno di tutto il mega isolato. Libera dalle vetture, la strada si riscopre un luogo di socialità e di accesso ai servizi di prossimità. Le macchine sono autorizzate soltanto per fasce specifiche della popolazione, come anziani e disabili. Lanciati con sperimentazioni pilota a partire del 2013 e concentrati nell’area di L’Eixample, i superblocks hanno già provato la loro efficacia sul piano sanitario, con una stima di 700 morti premature risparmiate grazie al miglioramento della qualità dell’aria. Inoltre, nuove prospettive si aprono anche sul versante dello sviluppo economico: un maggiore passaggio pedonale favorisce lo sfruttamento dei piani strada per la creazione di nuovi business. Aggiornato al 2024, il piano comunale guarda ora alla realizzazione di 503 grandi blocchi nei quali la pedonalizzazione sarà accompagnata da una radicale riduzione dei parcheggi su strada. E mentre la città cambia, i cittadini sembrano gradire: il 90% degli abitanti di Barcellona è infatti favorevole alla pedonalizzazione.

Fuori dall’Europa, là dove lo sprawl è la norma, il centro non esiste e l’uso della macchina è una necessità imprescindibile, il modello della città dai quindici minuti viene adattato ai contesti specifici. A Portland, dove vista l’estensione del tessuto urbano il modello di Moreno è ribattezzato “città dei venti minuti”, solo il 6% della popolazione poteva contare nel 2009 sulle condizioni di prossimità con negozi e servizi. Per ovviare a questo limite, l’amministrazione ha messo in atto una nuova politica di densificazione con la sua Climate Action Strategy, dedicata all’adattamento ai cambiamenti climatici. L’obiettivo è ambizioso: fare in modo che per il 2030 il 90% dei cittadini possa essere in grado di camminare o pedalare per tutti i loro bisogni quotidiani. Per rendere il piano possibile, il Comune ha lavorato per superare la frammentazione originaria del manto stradale, riabilitando e costruendo marciapiedi. Con vantaggi che vanno oltre la mera riduzione di CO₂: un percorso pedonale e ciclabile dolce incoraggia il movimento e favorisce i rapporti informali, oltre a stimolare un nuovo commercio di prossimità là dove le macchine non sono più ammesse.

Con tanti nuovi baricentri, la città guadagna in salubrità e diventa più a misura d’uomo. Con un campanello d’allarme che spaventa quanti nel modello dei quindici minuti trovano un pericoloso rischio di ripiegamento, di iperlocalismo asfittico. Crocevia di transiti, la città è nata per favorire lo scambio a tutti i livelli: merci come dati, cultura ed energia. Per far sì che il dinamismo resti la sua forza vitale, la scommessa è quella di garantire l’efficienza dello scambio di media percorrenza, in particolar modo con gli snodi che restano nella periferia del sistema. Un intervento olistico, e non disgiunto, dal modello della città dei quindici minuti, a cui si richiede di livellare le disuguaglianze garantendo la parità di accesso su tutto il territorio cittadino.


Giulia Zappa - Fiorentina di nascita e oggi parigina di adozione, si occupa di comunicazione nel campo del design, dove si appassiona senza soluzione di continuità ai grandi classici come alle ricerche speculative o ai progetti scalabili. Ha scritto per numerose testate tra cui Domus, Icon Design e Artribune. Oltre al giornalismo, collabora con le Nazioni Unite per lo sviluppo di progetti legati alle industrie creative e alle energie rinnovabili.

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