Il limite dei 30 km/h viene applicato di solito su strade urbane e promuove una nuova visione di città basata sulla mobilità dolce e la riscoperta degli spazi pubblici

Il limite dei 30 km/h viene applicato di solito su strade urbane e promuove una nuova visione di città basata sulla mobilità dolce e la riscoperta degli spazi pubblici

Zona 30: se la nuova idea di città ha un limite

È in rapida diffusione nelle aree urbane il limite di velocità a 30 chilometri orari. Non mancano i detrattori, ma il modello viene sempre più adottato per prevenire gli incidenti, ridurre l’impatto ambientale e favorire un uso più inclusivo dello spazio pubblico

Dopo essere cresciuto silenziosamente per decenni, il movimento per la “zona 30” sta trovando proprio negli ultimi anni il suo momentum. È infatti in crescita il numero di città che hanno adottato un limite di velocità a 30 km/h o 20 mph (miglia all’ora) per i paesi anglosassoni, in alcune aree urbane. Il limite, che si applica generalmente sulle strade urbane ad eccezione di quelle ad alto scorrimento, è concepito non solo come uno strumento per ridurre il numero e la mortalità legata agli incidenti, ma anche come un’opportunità per promuovere una nuova visione urbanistica, fatta di mobilità dolce e di riscoperta degli spazi pubblici. 

Quando nascono la “zona 30” e la “città 30”

L’adozione delle prime limitazioni di 30 km/h risale agli anni ’90. La Svizzera anticipa l’aggiornamento dei propri codici della strada già nel 1989, e Zurigo rende effettiva l’introduzione di alcune “zone 30” nel 1991. Nel 1992, la città austriaca di Graz è la prima “città 30” a adottare il limite di 30 km/h su tutte le strade, ad eccezione delle grandi arterie. 

50 e 30 km/h a confronto: l’impatto su longevità e salute

La sicurezza stradale
Se la velocità di un veicolo diminuisce, in caso di incidente le possibilità di sopravvivenza aumentano (dati Oms):

  • a 30 km/h: 99% di possibilità di sopravvivenza
  • a 50 km/h: 80% di possibilità di sopravvivenza

La qualità dell’aria (e la riduzione dei consumi)
- picco di emissioni di CO₂ a 50 km/h: 2,2g/s
- picco di emissioni di CO₂ a 30 km/h <1g/s (Jesùs Casanova, Università Politecnica Madrid)

In condizioni di laboratorio un motore termico produce in media più emissioni inquinanti a 30 km/h che a 50, tuttavia diversi studi hanno verificato che in condizioni reali su strada, la situazione cambia. Il limite di velocità a 30 km/h inibisce lo stile di guida definito “stop-and-go”, fatto di accelerate e frenate continue. Questo permette di limitare il consumo di carburante, e dunque le emissioni inquinanti tra cui, oltre alla CO₂, anche le polveri sottili. 

L’inquinamento sonoro
Rispetto ai 50 km/h, le emissioni sonore a 30 km/h sono ridotte di circa 3 dB. Una diminuzione che, per l’Ufficio Federale dell’Ambiente svizzero UFAM, corrisponde a una percezione acustica di circa la metà del traffico. Diminuisce inoltre il fenomeno delle accelerazioni rumorose. 

Gli obiettivi più ampi

  • Migliorare la sicurezza dei pedoni ed in particolare delle categorie più vulnerabili come bambini, anziani e portatori di disabilità
  • Promuovere l’adozione di mezzi di percorrenza a mobilità dolce, come le biciclette, ed incentivare gli spostamenti a piedi, favorendo una riduzione del traffico automobilistico
  • Incentivare la vitalità dello spazio pubblico, incoraggiando la permanenza su strada anche grazie ad una riprogettazione di spazi ed arredi urbani che incentivino la sosta delle persone
  • Promuovere una visione dello spazio pubblico dove i diversi mezzi di trasporto coesistono armoniosamente
  • Rilanciare l’economia di prossimità 

L’impatto sui tempi di percorrenza

I diversi comuni che adottano zona 30 e città 30 sostengono che la velocità media è già sotto i 30 km/h a causa del traffico (a Milano è intorno ai 15 km/h). L’abbassamento del limite permette al contrario di fluidificarlo, con un vantaggio sullo scorrimento, e di mantenere la stessa velocità tra i diversi mezzi di trasporto. I detrattori sostengono al contrario che non esistono set per valutare in maniera obiettiva le ricadute sui tempi di spostamento. 

Le istituzioni internazionali che hanno sposato i 30 km/h

  • Nazioni Unite (con la Convenzione di Stoccolma) 
  • OMS
  • Parlamento Europeo 
  • Commissione Europea
  • Ocse

Gli apripista italiani

Cesena ha introdotto le prime zone 30 su alcune strade del proprio comune nel 1998, registrando negli anni successivi una diminuzione sensibile degli incidenti (-46,09%). Olbia è diventata la prima Città 30 nel 2021. A partire dal primo luglio 2023, Bologna è il primo capoluogo italiano Città 30: il limite si estende su tutto il territorio urbano, con la sola eccezione delle principali vie di scorrimento, dove rimane 50 km/h. La nuova segnaletica su strada, composta da 500 nuovi cartelli e 300 bolli orizzontali, punta a favorire il rispetto del nuovo limite di norma. L’applicazione di multe è stata introdotta in modo graduale con l’obiettivo di scongiurare un’applicazione punitiva dei nuovi regolamenti. 

L’adozione di zona 30 e città 30 in Italia

Gli altri capoluoghi italiani che hanno ufficialmente approvato e stanno mettendo in opera un limite di 30 km/h su tutto il territorio cittadino sono: 

  • Milano
  • Padova
  • Lodi
  • Modena

Molte altre città hanno già introdotto zone 30 o stanno avviando sperimentazioni e consultazioni partecipate per stabilire tappe e modalità di una possibile roadmap (Bergamo, Ferrara, Reggio Emilia, Firenze, Torino).

L’adozione di zona 30 e città 30 nel mondo

Sono moltissime le città che hanno adottato da tempo un limite di 30 km/h. Tra queste si annoverano anche alcune capitali:

  • Madrid (dal 2018 sull’80% delle vie cittadine)
  • Helsinki (dal 2019)
  • Bruxelles (dal 2021)
  • Parigi (dal 2021)

Nel maggio 2021, la Spagna ha votato una modifica al codice della strada per imporre il limite a 30 km/h in tutti i centri urbani ad eccezione delle strade a due o più corsie.

Stando ai sondaggi realizzati nelle città che hanno adottato zona 30 da tempo, prevale un consenso tra i cittadini sulla bontà della norma

L’opinione dell’esperto

«In Italia non abbiamo ancora dati significativi, ma possiamo guardare alle esperienze estere», suggerisce Matteo Dondé, architetto, urbanista, esperto in pianificazione della mobilità e nel modello Città 30. «Dall’adozione di Città 30, a Bruxelles è aumentata molto l’esigenza di mobilità, con 4 milioni di km percorsi in più, ma l’uso dell’automobile si è ridotto del 15%, è la mobilità pedonale e ciclabile sono aumentate rispettivamente del 5% e del 7%. Barcellona, con il suo modello delle superilla, non ha spostato il traffico automobilistico su altre aree della città, ma lo ha ridotto tout court. Infine, i pompieri di Parigi hanno recentemente dichiarato che, da quando Città 30 è diventata operativa, riescono ad arrivare prima sul punto di emergenza». 

«Per quanto riguarda il consumo di carburante, lo studio fatto a Londra per vent’anni su venti Zone 30 dimostra grandi benefici ambientali. È vero che a 50 km/h si consuma meno carburante che a 30 km/h, ma solo se la velocità è costante: nelle città italiane, i dati ci dicono che la velocità media è di 18 km/h fatti di continue accelerate e frenate, a cui si deve peraltro un più alto consumo di pneumatici che incidono di più sul particolato e dunque sulla salute».

«Oltre ad incentivare la sicurezza e ridurre l’inquinamento, l’idea della Città 30 è i ridistribuire equamente lo spazio pubblico: nelle città italiane l’80% è dedicato a corsie ed aree di sosta, e il 20% al marciapiede. Con Città 30 non si vuole negare l’automobile ma, facendola andare più piano, recuperare spazio per avere un marciapiede più ampio, verde urbano, giochi per i bambini, una seduta degli anziani. Trasformando la strada in quello che è sempre stato: un luogo per le persone, per l’incontro e la socialità».


Giulia Zappa - Fiorentina di nascita e oggi parigina di adozione, si occupa di comunicazione nel campo del design, dove si appassiona senza soluzione di continuità ai grandi classici come alle ricerche speculative o ai progetti scalabili. Ha scritto per numerose testate tra cui Domus, Icon Design e Artribune. Oltre al giornalismo, collabora con le Nazioni Unite per lo sviluppo di progetti legati alle industrie creative e alle energie rinnovabili.

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