Un’automobile da corsa a guida autonoma che sfreccia e vince a 290 km/h. Passa anche da qui il futuro della nuova mobilità, che un giorno non ci vedrà più al volante. «Quella che in un prossimo domani e proprio grazie al limite al quale stiamo spingendo questi mezzi, permetterà di affinare la guida autonoma in condizioni anche meno complesse di una competizione da circuito», prevede Sergio Savaresi, professore di Ingegneria dell’automazione al Politecnico.
Tutto è iniziato tre anni fa con la prima competizione automobilistica a guida autonoma del mondo, poi, a inizio 2023 il team PoliMOVE del Politecnico di Milano ha vinto la seconda edizione dell’Indy Autonomous Challenge (IAC) al CES di Las Vegas, sfiorando i 300 Km/h, nuovo record mondiale su pista per un’auto senza pilota. PoliMOVE ha gareggiato al Las Vegas Motor Speedway contro nove squadre provenienti da 17 università di sei paesi.
«Una vittoria che rappresenta un importante passo avanti in termini di velocità, complessità della gara e gestione di situazioni testa a testa impegnative», spiega Savaresi che da 20 anni si occupa di controlli automatici in veicoli terrestri di ogni tipo, dalle biciclette elettriche alle automobili, fino ai trattori.
Tutte le automobili dell’IAC in gara sono uguali (Dallara IL-15) e partono da una condizione paritetica sul fronte hardware, ma anche gli algoritmi e l’automazione. Nessuna ulteriore modifica meccanica, aerodinamica o al motore è concessa. Anche l’elettronica e la sensoristica sono uguali. A fare la differenza è il software.
Si tratta di vere e proprie sfide al limite tra piloti intelligenti (e non di auto teleguidate) che nel corso della competizione prendono decisioni di guida. «Siamo molto felici di questo successo, per il contributo dell'Indy Autonomous Challenge e per tutti i team nel far progredire la tecnologia dell'intelligenza artificiale applicata alla guida», ha commentato Savaresi spiegando che gli aspetti più difficili da definire sono quattro: «La localizzazione del veicolo che avviene con gps, videocamere e laser; la definizione della traiettoria che comprende la pianificazione di sorpassi e frenate su rettilineo e in curva; il controllo del veicolo ad alta velocità e infine la percezione dell’avversario nello spazio gara».
«Quattro fattori che saranno fondamentali nella costruzione dell’auto autonoma del futuro, sia essa privata o mezzo di trasporto pubblico. Stiamo esplorando i limiti di questa tecnologia per spingerla al limite e poterla dominare. Anche perché nel caso delle competizioni l’interazione uomo macchina non esiste», spiega Savaresi, secondo cui la strada per arrivare alla guida autonoma nelle nostre strade è ancora molto lunga. «Si parla di almeno dieci anni e non mancano le criticità. Non solo sul fronte tecnologico, gap che stiamo colmando con l’innovazione. Il più grande ostacolo alla messa su strada di questi veicoli sarà l’aspetto normativo: non accettiamo che la tecnologia possa fallire come l’essere umano (che provoca e subisce incidenti) e quindi finchè il sistema non sarà perfetto non sarà consentito e diffuso».
Alcuni modelli di nuova generazione (Volvo Ex90 o Mercedes Classe S, per esempio) hanno già una dotazione avanzata, ma in Europa manca un’applicazione normativa chiara. Di chi è la responsabilità in caso d’incidente?
Si tratta di tecnologie costose alle quali numerosi Paesi del mondo stanno dedicando importanti budget. «Una delle scelte più importanti sarà capire se possiamo utilizzare questa tecnologia solo su strade smart con gli elevati costi e la complessità che questa scelta comporterebbe o se possiamo adattare le nostre strade a questa tipologia di nuova mobilità», aggiunge Savaresi.
In sostanza, le istituzioni e i player coinvolti nella costruzione della nuova mobilità devono comprendere se i veicoli autonomi potranno circolare solo in contesti controllabili e infrastrutturati (smart road) concepiti appositamente per il mezzo autonomo (e che con esso dialogano fornendo info su traffico, dati meteo, ecc…) o se sarà possibile (a livello tecnologico, normativo e sociale) adattarlo alle nostre strade dove circolano anche veicoli tradizionali.
I passi in avanti fatti negli ultimi anni, come l’obbligo di dotazione sulle nuove vetture e l’adozione della scatola nera per tutti i nuovi modelli dal 2024, non sono sufficienti. Questi sistemi registrano esclusivamente i parametri relativi agli incidenti e le informazioni raccolte immediatamente prima, durante e dopo la collisione, quindi dati come la velocità, la frenata, la posizione e l'inclinazione del veicolo sulla strada. Per prepararsi veramente all’arrivo dei sistemi di guida autonoma di livello 3 (per ora) occorre rivedere l’intero contesto.
Raggiunto un primo traguardo, PoliMOVE ha deciso di alzare l’asticella e parteciperà a Monza alla prima gara fuori dagli Usa, il 16-18 giugno. «Una nuova sfida con nuovi limiti. Saremo su strada e non nel classico circuito ovale. Una difficile nuova prova al servizio della guida autonoma di domani». La partecipazione alla 1000 Miglia 2023 è il primo passo di “presentazione” del progetto, dopo il quale inizierà un anno di sviluppo e addestramento sperimentale della dell’A.I-driver, su percorso simile a quello della 1000 Miglia su strade comunali, provinciali e statali, e in parte anche tratte autostradali.
ll progetto ha anche l’obiettivo di far conoscere la guida autonoma al grande pubblico. Secondo i dati dell’Osservatorio Connected Car & Mobility del Politecnico di Milano, infatti, oggi i consumatori italiani si dividono perfettamente in un 50% già propenso a utilizzare un’auto a guida autonoma e un altro 50% contrario.