Oyapock: un ponte per collegare Europa e Sud America

C’è una frontiera terrestre tra Francia e Brasile, la Guyana Francese. È stata resa possibile da un ponte sul fiume Oyapock. Ci sono voluti 20 anni da quando il progetto è stato realizzato, ma alla fine è stato aperto al traffico nel 2017

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La Guyana Francese è il più grande dei cinque dipartimenti d’oltremare, le regioni appartenenti alla Francia ma sparse in giro per il mondo. Situata nel nord-est del Sud America, è un territorio quasi esclusivamente selvaggio, con il 96 per cento della superficie coperto da boschi, meno di 300mila residenti e una densità di tre abitanti per chilometro quadrato. A sud e a est i monti Tumuk e il fiume Oyapock (Rio Oiapoque in portoghese) dividono la Guyana dal Brasile. Fino a pochi anni fa, bisognava attraversare il fiume in barca per passare il confine, ma nel 2017 è stato inaugurato il Ponte sull’Oyapock. Per la particolare condizione amministrativa della Guyana, e con un po’ di fantasia propagandistica, il ponte può essere considerato il primo e unico collegamento fisico tra il Brasile e l’Europa.

L’idea di collegare la Guyana con il remoto stato brasiliano dell’Amapá nasce negli anni ‘90 dal desiderio di far uscire dall’isolamento questi due luoghi, entrambi lontani dai governi centrali, privi di infrastrutture e poco sviluppati. I due padri fondatori del ponte sono senza dubbio Antoine Karam e João Capiberibe, all’epoca astri nascenti dei partiti socialisti guyanese e brasiliano. La loro azione politica porta all’accordo-quadro di cooperazione tra Guyana e Amapá, firmato nel 1996 dal presidente francese Jacques Chirac e da quello brasiliano Fernando Henrique Cardoso. In questo meeting ancora non si parla di ponte, quanto della costruzione di due strade, una per collegare Saint Georges (la cittadina guyanese affacciata sull’Oyapock) con la capitale del Guyana, Cayenne, e una per unire Oiapoque (la cittadina brasiliana dall’altro lato del fiume) con Macapá, la capitale dell’Amapá. Del ponte si parla invece per la prima volta l’anno dopo, il 25 novembre 1997, quando viene celebrata, sempre su spinta di Karam e Capiberibe, una giornata di rinnovata amicizia tra Brasile e Francia a Saint Georges, un’importante occasione per aumentare l’attenzione internazionale sulla situazione di quel confine.

Devono comunque trascorrere altri undici anni per l’inizio della costruzione del ponte, decisa nel 2008 da Nicolas Sarkozy e Luiz Inácio Lula da Silva. I lavori terminano tre anni dopo, nel 2011, ma il ponte viene inaugurato solo nel 2017, dopo una lunga serie di problemi e controversie.

Il ponte è lungo 378 metri ed è diviso in tre campate, le due laterali da 66 metri e mezzo, e quella centrale da ben 245 metri di luce, cruciale per consentire alle navi di passare sotto senza ostacoli, vista la velocità della corrente e la profondità del fiume. È un ponte strallato, in cui quindi dei lunghi cavi di acciaio ancorati in alto a due piloni reggono l’impalcato. La struttura del ponte, progettato dall’ingegnere italiano Mario de Miranda e costato circa 50 milioni di dollari, è tutta in calcestruzzo armato e precompresso. Si tratta di un’opera di grandi dimensioni e di difficile logistica, perché ubicata nella regione amazzonica, in un’area circondata da foreste: averla completata in tre anni è senza dubbio un gran successo ingegneristico. Prima di aprirlo al traffico, però, ci sono molte cose da sistemare.

Il 27 febbraio 2015, sul Folha de S. Paulo, il principale quotidiano brasiliano e sudamericano, esce un editoriale intitolato Ponte nada pontual, azzeccato calembour per raccontare i ritardi all'inaugurazione dell’opera. Sono due i problemi principali: la lentezza di creare, sul lato brasiliano, tutte le strutture necessarie in un passaggio di frontiera transcontinentale, e l’arretratezza nei lavori di costruzione della strada tra Oiapoque e Macapá, per larghi tratti ancora sterrata, lenta e pericolosa. Collegata da un ponte alla Guyana, quindi alla Francia e all’Europa, Oiapoque resta lontanissima dal resto del Brasile, distante centinaia di impervi chilometri dalle principali città.

Una delle controversie nate alla fine dei lavori riguarda la scarsa reciprocità dei requisiti necessari per attraversare il confine. Se i francesi potevano entrare in Brasile senza visto e rimanervi per tre mesi, ai brasiliani era necessario un visto per passare sulla sponda guyanese. Le ragioni di questa decisione sono da ricercare nei timori del governo francese di un massiccio arrivo di manodopera illegale brasiliana per lavorare nelle miniere d’oro clandestine della Guyana. Un articolo di France24 uscito nel 2012 e intitolato Oyapock: the bridge to discord? parlava di 60 poliziotti di confine impegnati a Saint Georges nella sorveglianza e di circa 5mila cercatori d’oro brasiliani clandestini sparsi nella giungla guyanese.

Nel 2014, comunque, i governi brasiliani e francesi trovarono un accordo per permettere ai residenti di Oiapoque e Saint Georges di ottenere una speciale carta per i frontalieri, per attraversare il ponte e rimanere sull’altra sponda (ma solo nella cittadina di confine) per 72 ore. Nonostante i lavori al checkpoint brasiliano non ancora completati, e la piena reciprocità non ancora raggiunta, il 18 marzo 2017 viene inaugurato finalmente il Ponte sull’Oyapock e il 20 marzo viene aperto alla circolazione. Oggi possono attraversarlo sia le auto private sia i pedoni, per provare l’ebbrezza di andare a piedi dall’Europa al Brasile.


Gianluca Cedolin - Giornalista veneziano. Ha seguito la cronaca di Milano per Repubblica e ora per Linkiesta, racconta storie dal mondo dell'ambiente per Ohga, scrive di sport per Rivista Undici e altre testate. Ha pubblicato dei reportage su GQ e Yanez Magazine e un libro con Giulio Perrone Editore. Dal 2019 collabora con Pirelli, per cui ha scritto la serie podcast The Roots. Lavora come assistant producer per Prime Video.

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