Kansai, il primo aeroporto “sull'Isola che non c'è”

Progettato da Renzo Piano, aeroporto sorge su Kansai, la terza isola artificiale più grande del mondo ed è considerato un monumento dell’ingegneria del 20esimo secolo. Ma fenomeni geologici e climatici sempre più intensi ne mettono a repentaglio il futuro

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Negli anni '70 la regione giapponese del Kansai si trova di fronte a un bivio: la maggior parte degli esportatori stranieri spediscono le loro merci a Tokyo, il cuore economico e finanziario del paese, dove nel 1978 viene aperto il secondo aeroporto. Il rischio per il Kansai e i suoi principali centri come Osaka, Kyoto e Kobe, è quello di perdere importanza internazionale, di diventare troppo periferici. C'è bisogno quindi di un modo per far arrivare merci e persone nel Kansai: serve, insomma, un nuovo, grande aeroporto. Il problema è che nessuna delle città ha la voglia né lo spazio per costruirlo, e quelli esistenti non sono in grado di incontrare le richieste di un paese così inserito in un'economia che diventa globale.

L'idea per superare l'empasse, geniale ma complicata anche solo da immaginare, è quella di costruire un'isola artificiale al largo della costa di Osaka, su cui edificare poi un aeroporto nuovo di zecca. Iniziati nel 1989, i lavori terminano nel 1994 con l'inaugurazione, il 4 settembre, del Kansai International Airport, un capolavoro di ingegneria e architettura, diventato un crocevia da quasi 30 milioni di passeggeri l'anno, ma anche un luogo fragile, la cui difficile sopravvivenza viene resa ancor più incerta dalla crisi climatica in corso. 

L'isola su cui poggia il primo terminal (il secondo arriverà, su una nuova isola adiacente, nel 2007) è lunga oltre 4 chilometri e larga 1,25. Per ottenere la terra necessaria a costruirla sono stati prelevati 430 milioni di metri cubi di roccia da due montagne, mentre per farla stare a galla è stato piantato oltre un milione di pali che attraversano 20 metri di acqua, 20 di fango, fino a poggiare su uno strato di 40 metri di roccia sottostante. A fare da frangiflutti, per proteggere l'isola e dissipare la forza del mare, ci sono 48mila tetrapodi. Il terminal passeggeri, in vetro e acciaio, è tra i più lunghi del mondo con i suoi 1,7 chilometri e la sua forma che richiama quella di un'ala di aeroplano. Il progetto è di Renzo Piano, l'architetto autore di opere come il Centre Pompidou, Potsdamer Platz, la New York Times Tower. Un ponte su due livelli lungo 3,75 chilometri collega l'isola con la terraferma, permettendo il passaggio di treni e automobili.

Se la costruzione dell'isola e dell'aeroporto rappresentava in sé una sfida ardita, quasi visionaria, ancor più difficile è fare i conti con il suo incerto futuro. Quando hanno costruito le due isole artificiali, i progettisti avevano messo in conto il pericolo della subsidenza, il fenomeno per cui lentamente un'area sprofonda sotto il peso dei sedimenti (la stessa cosa che succede a Venezia, per intenderci). Il problema è che oggi l'aeroporto di Kansai si inabissa a velocità molto più sostenuta di trent'anni fa e, nel frattempo, a causa del riscaldamento globale, il livello del mare si sta alzando, accentuando il fenomeno.

In passato l'aeroporto, grazie anche ai rigidi criteri antisismici, è sopravvissuto al terremoto di Kobe del 1995 (magnitudo 7) e ad altri eventi estremi, ma nel 2018 il tifone Jebi ha causato diversi danni, allagando le piste e costringendo lo scalo a due settimane di chiusura. La subsidenza, l'innalzamento del livello del mare e i tifoni e le mareggiate resi più frequenti e violenti dalla crisi climatica sono tutti fattori che mettono a rischio la sopravvivenza del Kansai International Airport: secondo uno studio uscito in Giappone qualche anno fa, tra 40-60 anni le due isole raggiungeranno il livello del mare. Anche per questo, sin dall'inizio vengono investiti centinaia di milioni per far fronte allo sprofondamento. Già una volta è stata innalzata la barriera costiera, un'operazione titanica, e dal 2019 è attivo un altro progetto per sollevare di un metro l'isola. La voce disaster prevention dell'aeroporto prevede un budget da 500 milioni di dollari.

Tra il 2003 e il 2007 è stato costruito il secondo terminal, e quindi la seconda isola, al fianco della prima. In tutto, il costo dell'aeroporto si aggira intorno ai 15 miliardi di dollari. Per rientrare degli investimenti, all'inizio le tariffe per atterrare al Kansai international airport erano altissime: circa 10mila dollari per un Boeing 747, contro i 2.500 del Jfk di New York o gli 8.500 dell'aeroporto Narita di Tokyo. Con il passare degli anni le tariffe sono scese, mentre l'aeroporto è diventato un punto di riferimento fondamentale in Oriente. Terzo scalo del Giappone, nel 2019 sono transitati di lì 28,8 milioni di passeggeri. Il vecchio aeroporto Itami di Osaka, quello in centro città, oggi accoglie solo voli nazionali.

Nel 2001 l'American society of civil engineers ha inserito il Kansai international airport tra le dieci opere ingegneristiche con il miglior impatto sulla vita del 20esimo secolo, insieme con opere come il Canale di Panama o l'Eurotunnel. Nel 2020 era il secondo miglior aeroporto di medie dimensioni nel mondo ai World airport awards di Skytrax, il migliore per lo staff e le consegne. Pur con un futuro incerto, stretto tra chi ne prevede la fine e chi progetta la costruzione di una terza isola, il Kansai international airport rimane uno dei più grandi risultati raggiunti dall'ingegno umano.


Gianluca Cedolin - Giornalista veneziano. Ha seguito la cronaca di Milano per Repubblica e ora per Linkiesta, racconta storie dal mondo dell'ambiente per Ohga, scrive di sport per Rivista Undici e altre testate. Ha pubblicato dei reportage su GQ e Yanez Magazine e un libro con Giulio Perrone Editore. Dal 2019 collabora con Pirelli, per cui ha scritto la serie podcast The Roots. Lavora come assistant producer per Prime Video.

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