All’Esposizione universale di Parigi del 1900 c’erano il cinematografo dei fratelli Lumière, la scala mobile e la Jamais-Contente, un’auto elettrica, prima nella storia a superare i 100 chilometri orari di velocità. Per l’occasione furono costruite la Gare de Lyon e la Gare d’Orsay, ma anche il Grande globo celeste, un mappamondo di 45 metri di diametro, e il Palais de l’Optique con all’interno una stanza dotata di 72 specchi rotanti in cui l’ambientazione cambiava di continuo, quasi magicamente. Eppure, nulla stupì e attrasse gli oltre 50 milioni di visitatori passati dall’Expo di Parigi tra il 14 aprile e il 10 novembre 1900, come il Train Transsibérien. Nel padiglione russo, una struttura dall’aspetto simile al Cremlino di Mosca, i visitatori potevano salire sulle lussuose carrozze del treno mentre i panorami degli Urali, della Siberia e della Manciuria scorrevano fuori dal finestrino su pannelli mobili, grazie a una tecnica visiva molto in voga all’epoca.
Quel misto di innovazione tecnologica, ambizione e romanticismo fu il miglior modo per la Russia di presentare al mondo la ferrovia Transiberiana, in costruzione in quegli anni per collegare Mosca con il porto di Vladivostok, sull’Oceano Pacifico (ma anche con Ulan Bator e Pechino, seguendo le varianti transmongolica o transmanciuriana). Un’opera colossale, che ha lasciato quella che è ancora oggi la maggiore ferrovia al mondo, lunga 9.288 chilometri (due volte la larghezza degli Stati Uniti, per intenderci), fondamentale per far circolare rapidamente le merci e le persone in un territorio sterminato come quello russo.
La cerimonia di inaugurazione ufficiale per l’inizio dei lavori si tenne il 31 maggio 1891 alla presenza del futuro imperatore Nicola II, ultimo zar di Russia, che per l’occasione si mise simbolicamente all’opera trasportando una carriola piena di terra. Nel 1901 venne completata la posa di tutti i binari della Gran Via Siberiana, mentre il 14 luglio 1903 la ferrovia entrò in funzione su tutta l’estensione. Due anni dopo fu completata anche la costruzione della Ferrovia circolare a sud del Bajkal, quasi 300 chilometri di linea extra per aggirare l’immenso lago: prima di allora, i treni venivano caricati su un traghetto progettato appositamente in Inghilterra mentre in inverno, con lo specchio d’acqua ghiacciato, venivano posati dei binari su cui transitavano oltre 200 vagoni al giorno. La ferrovia Transiberiana venne ultimata definitivamente nell’ottobre 1916, con l’inaugurazione del ponte sull’Amur vicino a Chabarovsk.
L’opera presentava sfide ingegneristiche, tecnologiche e ambientali che sarebbero smisurate anche nel XXI secolo. Per affrontarle, vennero arruolati i migliori esperti di tutta Europa, dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dall’Italia. L’impresa fu realizzata a ritmi e condizioni di lavoro insostenibili, alla forsennata media di 700 chilometri di binari all’anno. Nel momento di massimo sacrificio, i lavoratori impegnati erano 90mila, molti dei quali condannati ai lavori forzati o prigionieri liberati apposta per contribuire all’opera: in migliaia perirono nella costruzione della Transiberiana.
Luigi Giordani, uno dei trecento lavoratori arrivati dal Friuli per la loro esperienza nel lavorare la pietra, con la grafite scriveva: «Oggi, il primo dell’anno 1900, sfida i rigori intensi del freddo in una lugubre e lorda baracca Giordani Luigi, in compagnia di altri tredici friulani, stando sempre allegri in aspettativa di un avvenire prospero e lucroso». Un suo collega, il 19enne Carlo Corzetto, nelle lettere al padre parlava di «fiumi enormi e paurosi», di uno scenario in cui non c’era «niente di niente», ma anche dell’orgoglio con cui lavoravano per far contento lo zar e dimostrare la loro perizia.
La ferrovia attraversa sette fusi orari, migliaia di gallerie, 17 grandi fiumi nella parte di emisfero compresa tra il Volga e l’Amur, da oltrepassare con ponti lunghi e complessi. Le locomotive sono dotate di un dispositivo spazzaneve per sgomberare la strada dai cumuli nei giorni di bufera, frequenti a quelle latitudini. Mosca e Vladivostok sono divise da sette giorni di viaggio e da 157 fermate, tra cui Kazan, Ekaterinburg e Novosibirsk, mentre servono dodici giorni per raggiungere Pechino dalla capitale russa.
Nei primi anni, la Transiberiana era anche un treno di lusso per facoltosi viaggiatori, arredata con biblioteche, sale da gioco (scacchi, in particolare) e vagoni ristorante, ma dopo la rivoluzione russa divenne soprattutto la principale arteria di mobilità all’interno dell’Unione sovietica, fondamentale per lo sviluppo militare ed economico, attraverso cui tutte le risorse minerarie della Siberia venivano convogliate verso la Russia europea. Ancora oggi circa il 30 per cento delle esportazioni russe passano da qui e in Europa arrivano ogni anno circa 20mila container. Esiste un piano per portare questo numero a 100mila: per raggiungere l’obiettivo, la Russia deve riuscire a raddoppiare i punti della linea che ancora restano a singolo binario. L’elettrificazione della linea, avvenuta vent’anni fa, ha intanto consentito di raddoppiare il peso dei treni in transito (arrivato a 6mila tonnellate).
Parallelamente al suo uso strategico e commerciale, la Transiberiana con il passare degli anni ha affascinato migliaia di viaggiatori da tutto il mondo con il suo mito e il suo scorrere lento tra i paesaggi inospitali ma suggestivi della Siberia, verdeggianti per tre mesi e imbiancati negli altri nove. A bordo del treno si attraversano ora le squadrate metropoli ex sovietiche, ora le fredde foreste boreali della taiga, sentendosi un po’ personaggi tolstoiani e un po’ Marco Polo. Oggi i viaggiatori possono completare il percorso con meno di 200 euro in terza classe, mentre per la prima ne servono oltre 700. Ci sono anche alcune linee private di lusso, veri e propri hotel su rotaia con tutti i comfort, che costano almeno 5mila euro.
A fine Ottocento costruire la ferrovia Transiberiana sembrava un’impresa simile allo sbarco sulla Luna. Ancora oggi, attraversarla con gli occhi puntati fuori dal finestrino, scendendo di tanto in tanto per esplorare una Russia profonda e autentica, ha lo stesso sapore di un viaggio fuori dal tempo, ai confini del mondo.